Una pillola per Jack

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2018 - edizione 17

Stavolta era in trappola. I sibili sprigionati dai fischietti dei suoi persecutori lo assediavano. Si facevano sempre più vicini. Non avrebbe potuto rimanere acquattato ancora per molto nell’androne in cui aveva cercato rifugio.
Improvvisamente, un suono diverso. Un calpestio placido. Sporse lievemente la testa, per assistere a uno spettacolo incongruo. Un uomo in abiti sgargianti e una donna in ghingheri passeggiavano disinvolti tra i vicoli caliginosi. Si fermarono a pochi passi da lui. Lo strampalato tizio estrasse dei gessetti colorati. Ne porse alcuni alla sua accompagnatrice. I due si accovacciarono e presero a disegnare sul lastricato.
Il disegno, terminato, emanò una nebbiolina luminescente. Non era più un graffito. Era una porta. E lo stava chiamando. Abbandonò ogni timore ed emerse dal suo riparo. L’uomo e la donna lo guardarono incoraggianti. Si tuffò in quel varco, per scomparire sotto la superficie della strada. I due cancellarono i tratti di gesso e si allontanarono.
“Jack lo Squartatore sfugge ancora alla cattura!”. L’indomani, l’annuncio dello strillone raggiunse una tata a passeggio con due bambini.
“Che cosa sta dicendo quel ragazzo?”, chiese la più piccola.

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“Niente di appropriato alle orecchie di due bambini perbene”, la frenò la tutrice.
Al terzetto si aggregò Bert. Si accostò alla donna e le sussurrò: “Mary, sei sicura che abbiamo fatto bene a consentire a quel criminale di scampare alla giustizia umana?”.
Lei mormorò: “Quale giustizia? Questi londinesi sono noiosi. Al massimo lo avrebbero impiccato. Adesso lo Squartatore dovrà danzare per sempre al ritmo di melensi motivetti insieme a buffe creature. Potresti immaginare pena più atroce?”.
“Sei perfida, ma ti adoro proprio per questo”, confidò lui.
La donna sorrise. “Lo sai come si dice? Basta un poco di zucchero e la pillola va giù. Ma a Jack la pillola l’ho fatta ingoiare bella amara”.

Francesco Calè



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