“Allora, sentiamo, che cosa ha da propormi questa volta il mio genio?”, chiese Frank.
Calvin, il “genio”, attaccò: “immaginati questa situazione. Una ragazza corteggiata da un giovanotto brillante. Un terzo personaggio, un esaltato, cerca di metterla in guardia, avvertendola che il suo spasimante è un vampiro. Lei non gli dà retta. Il sedicente cacciatore di vampiri continua a sorvegliarla. La ragazza cede alle lusinghe del pretendente. Costui la porta in un posto isolato. Sta per baciarla sulla nuca, quando irrompe il fanatico, che lotta con il ragazzo e gli pianta un paletto nel cuore. La giovane, sconvolta, inveisce contro l’uomo. Questo rivela di essere un serial killer: ha ucciso l’altro perché non voleva la concorrenza di succhiasangue. È sul punto di aggredirla, ma alle spalle di lui riemerge il ragazzo, che esclama: ‘legno sbagliato. Per ammazzarci ci vuole il frassino’, e affonda i denti nella giugulare dell’assassino.
La ragazza strilla: ‘allora è vero, sei un vampiro’. Lui la tranquillizza: ‘i tipi come me sono pacifici. Abbiamo modi alternativi per procurarci il sangue. Ogni tanto, facciamo un’eccezione e ci abbeveriamo direttamente alla fonte. Capita, con bastardi come questo’”.
Dopo aver concluso, lo sceneggiatore fissò eccitato il produttore.
Quest’ultimo affermò, diplomatico: “la trovata è simpatica. Ma gli spettatori di oggi non sono preparati a certe ricercatezze. Hai mescolato orrore e ironia. Quanti sarebbero in grado di apprezzare? L’idea di fondo è buona. Riformulala e vedrai che ne risulterà un prodotto gradevole”.
Frank osservò il collaboratore che usciva mogio dall’ufficio. Poi si alzò, scuotendo il capo divertito e riflettendo: “ma tu guarda che razza di pensate gli vengono”. Raggiunse un mobile, estrasse una bottiglia, la stappò e versò parte del contenuto in un bicchiere. Quindi, dette delle generose sorsate, a trangugiare quel sangue denso e corroborante.