- Cioè, spiegami. Tu ti porti dietro la foto di una suora
morta? - diceva Mara a Stefano, la foto colpevole stretta nella mano.
Lui abbassava gli occhi, ancora sorpreso dalla fidanzata che gliela aveva
sottratta.
- Suor Agnese è stata prima la direttrice del collegio in cui stavo e poi
dell’orfanotrofio, quando sono morti i miei genitori. Mi ha sempre voluto
bene. Mi difendeva dagli invidiosi che mi volevano picchiare. Pensava sempre
a me.
Sbuffava la ragazza. Cominciava a dubitare di quello che aveva visto in
Stefano. Intelligente, preparato, sensibile; ma ambizioso? Quello proprio
no. - Va bene, eri il suo preferito; ma quando è stato? Dieci anni fa?
- Dodici.
- Non importa. Importa che devi crescere un po’, affrontare di più la vita.
Non puoi solo stare ad aspettare, accontentarti - diceva Mara mentre il suo
sguardo si posava sulla foto, dove la suora, angelo vestito di nero, è
seduta alla scrivania, il viso rotondo, gli occhiali fuori moda già due
secoli prima, le mani intrecciate, la bocca mossa in uno strano sorriso. -
Hai parlato con il tuo nuovo capo della promozione?
- Non ancora.
La pazienza di Mara andava così a farsi un giro. Senza promozione non c’era
aumento, senza aumento non c’era mutuo possibile. Sapeva che Stefano era
innamorato come un agnellino; ma aveva ben altre speranze, lei. Altre
possibilità. Voglie.
- Ti avevo avvertito. Penso sia meglio se non ci vediamo per un po’.
- Mara... io... - si spegnevano tristi le parole di Stefano.
Passa un’ombra.
Adesso il corpo di Mara è immobile in fondo alla scale. Scivolato così, per
caso.
Adesso una figura dai bordi neri sta alle spalle di Stefano. Lui non la può
sentire, ma dice: - Ti ho sempre protetto perché nessuno ti voleva bene come
me. Non i tuoi genitori, non i tuoi amici. Neppure lei. E ti proteggerò
sempre.