Il bambino
lo guardava, i suoi occhi erano azzurri e liquidi.
- Papà? - Gli chiese incerto.
Il tremito della voce rivelava incredulità e stupore.
Lui sapeva che quel bambino non era suo figlio, ma cosaltro avrebbe potuto
rispondere.
- Sì sono io.
Dal letto su cui era sdraiato, il bambino gli porgeva la mano alla ricerca di un contatto,
non vedeva, era cieco, come gli altri.
Anche questa volta gli aveva dilatato al massimo le pupille, istillandogli del liquido
apposito rubato dallo studio del suo oculista. Il liquido era finito, ma non era un
problema, quel bambino sarebbe stato lultimo.
Con un bisturi praticò una profonda incisione nel petto del bambino, le urla tardarono
una frazione di secondo, ma arrivarono, inesorabili, come sempre.
Il bisturi ripercorse i lembi della vecchia ferita, si immerse e fece leva scalzando
lorgano pulsante sottostante.
Le urla cessarono.
Quando lui immerse le mani nel sangue per prenderne il cuore, era lui che urlava, anche
lui di dolore.
Prese il grondante trofeo, si allontanò dal letto e si avvicinò alla figura scura che
aspettava immobile.
- Dammelo adesso - Gli ordinò lombra.
Lui le avvicino il cuore e la rivide ancora una volta, sperando che fosse lultima.
Non la riconosceva più, ma sapeva che era sua moglie. Da quando il loro figlio era morto
in quel maledetto incidente, niente era stato più come prima.
Lei agguantò con forza nervosa il grumo pulsante dalle sue mani e se lo cacciò in bocca.
- E mio! - Gridava, ghignando e masticando.
Lo aveva costretto lei a cercarli.
Lui, alla fine, li aveva trovati tutti.
Tutte le persone che avevano ricevuto gli organi donati dal loro bambino morto. Per lei.
Per fare in modo che riavesse il loro bambino, per custodirlo per sempre dentro di lei, e
adesso ghignando, masticando, gridava:
- E mio!