Storia di un burattino

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2017 - edizione 16

Dannato pupazzo. Ti ho generato io. Ma non perché fossi ispirato da uno slancio creativo. Avevo bisogno di soldi, e ho deciso di spremerli dagli entusiasmi che si sarebbero originati attorno ai tuoi lazzi e alle tue disavventure.
Dopo un po’, però, mi sei venuto a noia. Hai cominciato a irritarmi con la tua sconclusionatezza. E così ho provato a sbarazzarmi della tua molesta presenza. Per la prima volta. E tu, per la prima volta, ti sei liberato dalla trappola che avevo apparecchiato per te. Quell’energumeno dalla pelle infestata di croste salmastre ti aveva già accalappiato e stava per rosolarti a puntino, ma sei riuscito a sgattaiolare dalle sue grinfie grazie alla tua fortuna sfacciata.

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Allora ho assoldato due sicari. In questo caso la responsabilità del fiasco è stata mia. Non avrei potuto rivolgermi a criminali più sprovveduti. Ti hanno impiccato alla grande quercia e si sono allontanati, lasciandoti a penzolare, senza accertarsi che fossi schiattato definitivamente. A completare il disastro ha provveduto quella fata impicciona. Tra l’altro, vorrei sapere chi le ha dato il permesso di interpretare il ruolo di madrina prodigiosa. Io avevo scritto che si trattava di una bambina morta che aspettava il suo funerale. Ma quell’insolente si è ribellata alle mie disposizioni.
Proprio come ti sei ammutinato tu, indisponente scarto di falegnameria. Hai preteso di sottrarti al mio controllo. Hai osato spezzare i fili con cui ti manipolavo per ridurre me, il tuo ideatore, a docile marionetta piegata al tuo volere.
Ma stavolta ho il piano perfetto. Mi barricherò nello studio in cui tutto è iniziato e ti evocherò. Poi, voglio vedere come farai a sfuggire. Il miracolo della tua esistenza è anche la tua debolezza. Sei fatto di legno. Le tue articolazioni non potranno scampare alla furia delle fiamme che appiccherò ovunque.

Francesco Calè



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