La Metà

L'uomo seduto al bancone del bar guardò la cameriera e ordinò un altro whisky senza ghiaccio. Luca, il suo migliore amico, che gli era seduto accanto lo guardò preoccupato. Mario bevve lentamente un sorso e accennò un sorriso, aveva il volto terribilmente stanco, grosse occhiaie occupavano lo spazio appena sotto gli occhi mentre si notavano i numerosi capelli bianchi, prematuri per un uomo di quell'età.
"Scusa se ti ho coinvolto in questa storia Luca. So che quando finirà, voglio dire se mai finirà, la mia vita non sarà più la stessa. Posso capirlo, posso anche sopportare di perdere il lavoro e forse anche mia moglie, dopotutto da anni il nostro matrimonio non è nulla più che un espediente per dividere le spese quotidiane. Ciò che non riesco ad accettare è di non essere creduto. Capisci?"
Luca scosse il capo in senso affermativo, Mario diede all'amico la sua pistola di servizio.
"Tienila tu, è meglio!"
Luca la prese e parlò.
"Ti stanno cercando ovunque Mario. Dicono che hai preso tu la parte mancante di quel ragazzo. È così?"
Mario fece un cenno affermativo.
"Sì è così!"
"Non credo che perderai il lavoro, forse ti sospenderanno per un po' e ti spediranno qualche mese in una clinica... però devi restituire quel corpo, la famiglia di quel povero ragazzo è disperata."

Mario non si preoccupò di quello che stava dicendo l'amico, "Voglio raccontarti com'è andata Luca ma tu non mi fermare. Avrò la forza di raccontare questa storia una volta sola."
"Va bene ma dopo ti accompagno in centrale!"
Mario accettò, bevve un altro sorso di whisky e parlò.
"Avevo appena finito il mio turno. Michele, il mio compagno di pattuglia, era già andato a casa e io mi apprestavo a fare lo stesso. Lungo il tragitto, in una strada secondaria, notai del fumo così svoltai a vedere cosa stava accadendo. Se solo non lo avessi fatto..."
Disse e bevve di nuovo, Luca continuava a guardalo con aria rassegnata. Era certo che il suo migliore amico e collega fosse ormai caduto nel baratro della follia.
"Hai trovato l'incidente?"
Gli chiese.
"Sì..." rispose Mario "... un frontale, due automobili. In una c'era un solo conducente, un uomo di mezza età e sull'altra una coppia. Le automobili erano completamente distrutte, la ragazza aveva il volto sfigurato ma la cosa peggiore era accaduta al ragazzo. Una lamiera lo aveva tagliato a metà, dal ventre in giù il corpo era rimasto in macchina ma la parte superiore giaceva a terra e... chiedeva aiuto!"
"Cosa?"
Chiese allarmato l'amico.
"Sì, pensai fosse ancora vivo. Le gambe mi tremavano così forte che non riuscivo neppure a muovermi. Avevo lasciato il cellulare in macchina e lo stomaco stentava a trattenere ciò che avevo mangiato parecchie ore prima mentre a terra c'era quel corpo straziato che continuava a chiedere aiuto. Mi voltai dall'altra parte, vomitai, e mi feci coraggio. Dovevo chiamare qualcuno, lui sarebbe morto nel frattempo, ne ero certo e io non avevo il coraggio di rimanere lì a guardarlo. Mi sentivo un codardo e un verme ma feci l'unica cosa che potevo fare, chiamai l'ambulanza e i colleghi della polizia dopodiché mi appoggiai con il capo alla macchina e cominciai a piangere. Non mi resi conto di quello che stava accadendo, solo quando lui mi afferrò la caviglia con una mano capii che c'era qualcosa che non andava. Urlai e mi voltai di scatto a guardarlo. Si era trascinato sino alla macchina usando solo la forza delle braccia e mi guardava con quegli occhi spenti e lontani."
Luca lo interruppe.
"Mio Dio Mario, tutto questo è pazzesco, lo sai vero?"
"Non sono pazzo Luca. Anche se tu ora lo pensi, te lo leggo negli occhi. Quel ragazzo, quella parte di lui era ai miei piedi e mi osservava. Il suo sorriso era agghiacciante, il sangue continuava a uscire, aveva formato una piccola pozza accanto alla macchina, gli sporcava i denti per non parlare delle sue unghie, così nere e rotte... Provai a parlare ma mi mancava il fiato, poi mi feci coraggio e gli dissi che avevo chiamato un'ambulanza. Lui mi guardò e mi disse: - Maria è morta.-
Non sapevo cosa fare, avrei voluto consolarlo ma il mio sguardo continuava a posarsi su quella parte di lui che mancava, la mia mente confusa continuava a chiedersi come fosse possibile una cosa del genere. Poi lo vidi lasciare la mia gamba e trascinarsi sino allo sportello per poi issarsi, con la sola forza delle braccia, sul sedile. Avrei dovuto, ancora una volta, dire qualcosa, obiettare che non poteva salire sulla mia macchina, opporre resistenza. Pensai che mi avrebbe sporcato i sedili, è orribile, lo so, ma fu il primo pensiero che mi venne alla mente."
"Nessuno ti crederà Mario e, francamente, neppure io ti credo. Anche se mi sforzassi ci sono troppe assurdità, pensaci bene, pensa al dato oggettivo. Come è possibile che un essere umano rimanga in vita così a lungo in quelle condizioni?"
Mario lo guardò.
"Lui non era già più in vita. Me ne resi conto più tardi."
"Cosa? Non vorrai farmi credere che era..."
"Sì, era morto. Andai accanto allo sportello e lo vidi con la mia pistola in mano, me la stava puntando contro. Mi ordinò di salire, io lo assecondai dopodiché, una volta salito in macchina, mi ordinò di partire. Continuava a guardarmi con quel viso cinereo, rimise la pistola nella fondina che avevo lasciato in macchina. Sapeva che non l'avrei portato alla centrale o in un qualsiasi altro posto. Il suo corpo era freddo e il suo cuore aveva smesso di battere eppure lui continuava ad essere presente, non posso neppure utilizzare la parola vivo perché, obiettivamente, vivo non lo era più. Dove avrei potuto portarlo? Santo Dio era solo un ragazzo."
Luca gli mise una mano sulla spalla.
"Mario dov'è quel corpo?"
Ma Mario sembrò non ascoltarlo.
"Mi disse che se lo avessi abbandonato lui sarebbe tornato e mi avrebbe fatto la stessa cosa che era accaduta a lui. Capisci? Me lo disse con quel suo sorriso insanguinato. Così continuai a guidare, senza meta. Lui non parlava, sembrava perso nei suoi pensieri. Ogni tanto canticchiava un motivetto, una specie di ritornello, e poi tornava a guardare fuori dal finestrino."
"Tu hai bisogno di aiuto!"
Gli disse piano l'amico.
"Sai qual è la cosa peggiore?" continuò imperterrito l'altro "Il tanfo della putrefazione. Lui neppure se ne rende conto. È morto ma ancora non lo sa, è solo un corpo che non vuole arrendersi, come se non volesse staccarsi dai suoi ricordi. Quando raggiungerà la consapevolezza di ciò che gli è accaduto... Allora, forse, se ne andrà e io potrò tornare ala mia vita. O a quel che ne resterà."
Luca strinse più forte la spalla dell'amico.
"Mario, te lo chiedo di nuovo. Dov'è quel corpo?"
Mario lo fissò negli occhi.
"In macchina."
I due uomini si alzarono e uscirono dal bar. Luca guardò la macchina e vide il corpo del ragazzo, il capo appoggiato al vetro.
"Mio Dio Mario... che cosa hai fatto?"
"Non potevo accettare di essere scambiato per pazzo. Dovevo dirlo a qualcuno. Dovevo raccontarti come è andata veramente."
Luca prese il cellulare per chiamare aiuto ma le sue mani divennero improvvisamente deboli e il cellulare gli cadde a terra. Fece un passo indietro, era diventato pallido e tremava.
Il ragazzo in macchina, o quella parte di lui che rimaneva, aveva sollevato il capo e ora lo guardava sorridendo. Luca notò il sangue coagulato sui suoi denti.
"Non posso abbandonarlo, capisci... vero?"
Gli disse Mario prima di avviarsi alla macchina, quando fu salito il ragazzo si voltò prima verso Mario, disse qualcosa, e poi si voltò di nuovo verso Luca, sollevò una mano e lo salutò.
La macchina partì mentre Luca cadde a terra e cominciò a piangere.

Marino Buzzi