Guardo la
muffa che si è formata agli angoli della parete, è tutto marcio ormai.
Tutto.
Le travi del soffitto hanno cominciato a cedere sotto il peso dell'acqua. Sono sicuro che
ha cominciato ad infiltrarsi ovunque.
Grosse macchie scure sono comparse sotto le finestre e sul soffitto.
Sa che non sono stato ancora contagiato e vuole arrivare a me. Vuole ridurmi come tutti
gli altri.
Vuole insinuarsi nel mio corpo, nel mio cervello per poter controllare ogni cosa, ogni
persona.
Sento dei rumori di sotto, sono giorni che non esco da questa camera, mi copro con coperte
e piumoni, tutti i miei abiti sono scomparsi. Li ha presi mia madre, li ha bagnati, lo so,
vuole che l'acqua prenda anche me così come ha preso lei e papà.
Non so quanto riuscirò a resistere, non molto credo, le riserve di viveri stanno finendo
e anche l'acqua in bottiglia, quella non contaminata, quella che avevamo di scorta quando
si sono presentati i primi casi di questo virus.
E' dilagato ovunque, in fretta, malefico e subdolo come una delle più orrende pestilenze.
Ho freddo.
Non accendono neppure più il riscaldamento quei bastardi, loro non hanno più bisogno di
nulla ormai, solo dell'acqua. Trascorrono giornate sotto la pioggia o dentro la vasca
perché ormai anche i sistemi idrici della città sono stati compromessi.
L'acqua è ovunque.
Ha allagato le strade, distrutto le case, riempito le menti di pensieri violenti e
orrendi, oscenità, follia.
Le donne e gli uomini sopravvissuti sono cambiati, come se a loro volta stessero divenendo
acqua.
Li vedo corrodersi di quel veleno che hanno in corpo, girano nudi come vermi per le strade
sommerse di questo paese, della via in cui vivo, li vedo riunirsi in gruppi, branchi, come
lupi affamati. Li vedo urlare la loro follia sotto l'incessante caduta di questa pioggia
malefica, aliena, orrenda.
Corpi bagnati che si aggirano di notte e di giorno alla ricerca di prede deboli su cui
sfogare la propria ira.
Guardano verso la mia camera, spiano nel buio di questa stanza attenti a scovare quanti
ancora non sono stati contaminati.
Della mia classe siamo rimasti in due, io e Matteo, un tipo con cui parlavo appena.
L'ho contattato via e-mail quando ho cominciato a rendermi conto delle cose che stavano
accadendo in paese.
Mi ha detto che ero pazzo, che la pioggia non era altro che un fattore meteorologico
straordinario che si era ripetuto solo altre due o tre volte nella storia.
Piove da un mese ormai.
Lui non era ancora venuto a contatto con la pioggia. Malato, era rimasto all'asciutto in
casa.
Proprio come me.
L'ho pregato di non uscire, di barricarsi nella sua stanza, di non fidarsi delle persone
bagnate.
Non mi ha creduto.
Non ho avuto più contatti con lui.
Possibile che non veda la gente che cammina per le vie?
Possibile che non si sia reso conto degli scoppi di violenza insensata?
E' la pioggia.
Ne sono certo!
Arriva ovunque, apparentemente inoffensiva, la senti bagnare il tuo corpo e all'inizio è
tutto normale, va tutto bene, dopotutto non è altro che pioggia. Poi ti penetra nella
carne, come un grosso ago, come una zecca ti si insinua sotto la pelle e corrode, corrode
ogni cellula, ogni neurone. Ti trasforma, ti comanda.
Cominci ad avere strani pensieri, pensieri violenti.
Pensieri di morte.
Vedi nemici ovunque, vorresti staccar loro la testa dal collo.
Altri rumori dalla cucina, suoni metallici.
Loro sanno del mio rifugio, sanno dove sono.
Vogliono bagnarmi, stanno affilando le loro armi, lo sento.
Vogliono uccidermi, farmi del male.
Non voglio diventare uno di loro.
Non voglio diventare un mostro.
Guardo sulla strada da dietro la mia finestra, vedo gli altri sfuocati, il vetro è
sottoposto alla continua pressione della pioggia battente.
Non ci sono più animali in giro.
Niente cani o gatti, niente cinguettio di uccellini.
Se ne sono tutti andati o forse sono tutti morti.
Gli uomini in strada si aggirano come zombie, la loro carne si è assottigliata, sono
sempre più bianchi, dalla consistenza gelatinosa. Ad ogni passo sembra che i loro miseri
corpi si stiano fondendo con l'acqua.
E i loro occhi.
Quegli occhi che posso solo intravedere, occhi di folli, liquidi, inconsistenti.
Li vedo camminare curvi, ormai privi della naturale forza, tanti mentecatti chinati al
volere dell'acqua.
La televisione non funziona più.
Ho provato ad ascoltare notizie alla radio.
Niente.
Da qualche giorno ha smesso di funzionare anche il computer.
Sono isolato.
Solo.
Mi hanno tagliato fuori dal mondo.
Qualcosa colpisce il vetro della mia finestra, sobbalzo terrorizzato, stanno cercando di
entrare, stanno cercando di farmi impazzire.
Lo so!
Corro nell'angolo della camera più lontano dalla finestra, mi rannicchio a terra, coperto
dal piumone che alzo sopra il mio capo.
Ho paura, tanta paura di quello che potrebbero farmi o ancora, forse peggio, di quello che
potrei diventare.
Sento l'acqua scorrere attraverso i muri, sta arrivando, mi sta raggiungendo, vuole il mio
corpo!
Un altro colpo sulla finestra, questa volta più forte, rabbrividisco e cerco il coraggio
per andare a vedere cosa sta accadendo.
Raggiungo lentamente la zona d'osservazione e guardo in strada, fermo nel mezzo del mio
giardino c'è Matteo, bagnato, indossa ancora i suoi vestiti a differenza di tutti gli
altri. Ha qualcosa fra le mani, l'intravedo appena, è qualcosa di nero.
Una pistola.
Una pistola, dannazione! Mi vuole uccidere, è diventato come tutti gli altri, FOLLE!
Maledettamente FOLLE!
"Ehi, amico!"
Mi urla immobile dalla sua postazione, immagino l'acqua che si insinua nella sua bocca,
che gliela riempie scendendo nel suo corpo infetto.
Io alzo la mano e lo saluto, è un gesto sciocco lo so ma non so che altro fare.
"E' tutto a posto amico!"
Mi urla con la voce impastata e tremante, la voce dell'acqua.
"Sul serio..."
Continua.
"... non devi aver paura di nulla, è solo la tua immaginazione! Non c'è nessun
virus! I tuoi genitori mi hanno detto di venire a parlarti. Sono preoccupati. Se non
uscirai da quella camera al più presto saranno costretti a chiamare uno psichiatra! Vuoi
farti mettere in un maledetto manicomio, amico?"
Scuoto istintivamente il capo in un cenno negativo.
"Scendi in strada! Possiamo parlare un po'. L'acqua non ti farà del male, vedi? Io
sono bagnato come un pulcino e sono del tutto normale. Dai non fare lo scemo,
scendi!"
Vuole che l'acqua mi bagni. Vuole farmi diventare uno di loro.
"NO!"
Urlo forte.
"Come vuoi!"
Risponde lui alzando l'arma, se la punta in bocca e fa fuoco. Vedo il suo corpo
stramazzare a terra. Spalanco gli occhi, incredulo, decine di uomini e donne gli sono
addosso nel giro di pochi secondi, come belve affamate, come predatori rapaci.
Cado all'indietro, in un luogo buio e innaturale. Mi prenderanno, sanno di me.
Vedo il mio corpo inclinarsi, al rallentatore, c'è un buco nero, un vortice.
Non ricordo quanto tempo fa è accaduto.
Il giardino è deserto.
Il corpo di Matteo è scomparso.
L'acqua ha lavato via il sangue.
Devo essere svenuto.
Guardo in alto sul soffitto, l'acqua ha cominciato la sua infiltrazione. Gocce cadono
crudeli sul pavimento, presto questa stanza sarà una immensa piscina.
E io sarò uno di loro!
Sento dei rumori, dei passi innaturali su per la scala.
"Tesoro sono la mamma!"
Dice una voce liquida e crudele al di là della porta, io rimango in silenzio.
"Tesoro..."
Continua lei.
"... su apri la porta, è l'ora del bagno!"