Una gita al lago

Questa volta Greg aveva fatto le cose in grande. Era riuscito ad organizzare una gita sul lago insieme a Mary. Certo, per rendere più facili le cose, aveva portato anche due dei suoi amici più cari, Ivan ed Elena. Ivan ed Elena stavano insieme da parecchio tempo ormai, tanto quanto conosceva Mary, senza però avere mai il coraggio di dichiarare i propri sentimenti per lei, per paura di rovinare un’amicizia.
Era riuscito, con gran fatica, a noleggiare una piccola barca a motore in una calda domenica di agosto. La spesa non era stata cosa da poco, ma sapeva - o sperava - che ne sarebbe valsa la pena.
La giornata non si stava rivelando afosa come i giorni precedenti, e non c’erano troppe imbarcazioni in giro, solo qualche motoscafo che sfrecciava a gran velocità, o altre piccole imbarcazioni come la loro.
La barca era abbastanza spaziosa per tutti e quattro, i quali si divertivano chiacchierando e alternandosi alla guida. Si stavano davvero godendo la giornata, e, cosa più importante per Greg, Mary sembrava davvero entusiasta della giornata.
Dopo aver trascorso buona parte del pomeriggio navigando, decisero di fermarsi un poco per godersi il vento fresco che dai monti vicini scendeva verso il lago. Fermarono il motore, bloccarono la barca con la piccola ancora in dotazione, dopodiché, conciliati dal leggero dondolio dell’imbarcazione, ad uno ad uno si addormentarono.

Fu il freddo a svegliare Ivan, non molto tempo dopo. Si guardò intorno, gli altri ancora dormivano ma era tutto il resto che non andava. Strattonò Elena, per svegliarla, poi Greg, quindi Mary.
“Ma... che succede? Ivan calmati, stai facendo ballare la barca...” disse Elena, ancora intontita dal brusco risveglio.
Poi capì.
Erano completamente al buio.
Ma non il buio di una notte di estate. Un buio nero, come se si trovassero dentro una cantina, o una fredda caverna, senza alcuno spiraglio di luce a cui aggrapparsi.

La più lesta fu Mary. A tentoni cercò il suo cellulare e riuscì ad accendere la torcia. Poi tutti gli altri. Non erano chiusi dentro qualche magazzino, no. Erano ancora sulla barca, sull’acqua. Ma intorno non c’era nulla. Niente stelle, niente luna, nemmeno le luci artificiali dei paesi disposti intorno al lago.

Disse Ivan con voce tremante “L’ancora non c’è più, probabilmente siamo stati trascinati dalla corrente ma possibile che non ci sia anima viva?”
“Ma questo buio è troppo strano, non è possibile che siamo finiti in un banco di nebbia?” chiese Mary rivolgendosi ai tre amici.
“Non credo, altrimenti se fosse così vedremmo la foschia anche in mezzo a noi.”
“E allora cosa facciamo?” incalzò di nuovo Mary, ma Greg non sapeva cosa rispondere.
“Io propongo di avanzare col motore al minimo, qualcosa troveremo prima o poi. Intanto qualcuno provi a chiamare aiuto con uno dei cellulari.” propose Elena.
“Sempre meglio che restarcene con le mani in mano. Proviamo ma speriamo di uscirne presto, le torce dei cellulari funzionano ma non dureranno a lungo”
E così Greg, avviò il motore, cercando di mantenere una rotta dritta, anche se non aveva alcun punto di riferimento.

Passarono i minuti, poi ore, ma nessun segno, nessuna luce, naturale o artificiale. A turno provarono più volte a chiamare aiuto attraverso i cellulari, ma ogni tentativo risultò vano, i telefoni non davano segnale alcuno.

Improvvisamente la barca cominciò a dondolare più forte, come se avesse incrociato la scia di un’altra imbarcazione.
“Ragazzi, forse c’è qualcuno vicino a noi, facciamoci sentire!” gridò Greg agli amici, con un po' di entusiasmo nella voce.
Non appena finì di pronunciare queste parole, qualcosa colpì la barca. Ma il tonfo non veniva dal bordo, ma fu percepito dal fondo. Da sotto. Qualcosa di grosso.
“Cos... Cos’è stato?” chiese spaventato Ivan.
All’improvviso la barca si mise a girare lentamente su se stessa, come se fosse finita all’interno di un piccolo vortice. Poi si fermò.
“Sembra ci sia qualcosa sotto di noi” continuò Ivan, con voce tremante.
Qualcosa emerse dall’acqua, tutti e quattro puntarono le luci delle torce nella direzione del rumore.
Ciò che videro li terrorizzò.
Un enorme tentacolo bianco era spuntato dall’acqua. Alzandosi ben sopra l’altezza della barca. Le ventose erano grandi quanto la mano un uomo. Alcune parevano occhi. Forse lo erano davvero. Nessuno fece in tempo a reagire, nemmeno urlare, che il tentacolo afferrò Ivan per la vita, lo sollevò e lo trascinò in acqua, sparendo.
Il tutto nell’assoluto silenzio.
Greg vomitò, Mary strillò con tutto il fiato che aveva in gola, mentre Elena si guardava intorno come smarrita chiamando Ivan con un filo di voce. Sapeva che non l’avrebbe mai più rivisto.
Dopo qualche minuto, Mary, ripreso il controllo di sé, provò a spronare i suoi amici: “Forza! Forza! Dobbiamo andarcene da qui!”
“... e dove? Non si vede un cazzo, non ti sei accorta che non abbiamo punti di riferimento? Dov’è la costa? Dove sono i paesi?”
“Preferisci stare qua ad aspettare che quel... quella cosa... ci venga a prendere? No, ci dobbiamo almeno provare!” urlò Elena.
E così, si mosse verso Greg, che era ancora ai comandi ma pietrificato dallo spavento.
Non appena Elena prese in mano il volante, il tentacolo emerse nuovamente. Fu un attimo, afferrò Elena per le gambe.
Questa volta si sentirono forti le urla disperate di Elena che restava aggrappata disperata al timone, ma dovette mollare la presa. Il tentacolo la fece roteare su sé stessa, come per gioco e poi scomparve di nuovo nell’abisso nero con lei.

Mary e Greg, ormai rimasti soli. Si abbracciarono, piangendo.
“Perché? Cosa sta succedendo, mio Dio?” chiese Greg, senza aspettarsi una risposta.
“Non lo so, non lo so, voglio andarmene, basta! Basta!”
“Greg. Qualunque cosa, qualunque cosa succeda, non lasciarmi”
“Non lo farò, Mary, lo giuro”
E l’abbracciò. Rimasero abbracciati a lungo, poi accadde qualcosa di strano.
Greg scomparve.
All’improvviso. Tanto che Mary quasi perse l’equilibrio.
Riprese il cellulare, per cercarlo, ma sulla barca non c’ero più nessuno, era rimasta sola.
Era troppo per lei, prima Ivan e Elena portati via da quel mostro e ora Greg era svanito nel nulla.
Mary crollò sulle ginocchia piangendo disperata “Ti prego, non lasciarmi da sola! Aiutatemi!.”

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Mentre abbracciava Mary, Greg aveva chiuso gli occhi. Quando li riaprì, Mary non c’era più, e nemmeno il buio. Vedeva invece una luce bianca e delle persone intorno a lui che lo guardavano sorpresi. Una di loro, un giovane uomo con un camice verde gli sorrise dicendo “Stia calmo! Stia calmo! È tutto a posto. Dottoressa, venga presto! Il paziente si è risvegliato!”
Greg si ritrovò in un letto, circondato da infermieri. Capì che era una stanza di un ospedale, ma come ci era arrivato?
Entrò la dottoressa, una giovane donna: “Bentornato Greg, sono la Dottoressa Lopez, e ti trovi all’ospedale San Camillo. Ti ricordi qualcosa?”
Greg si guardava intorno smarrito, non capiva come fosse finito lì. Poi ricordò. San Camillo era il comune dove erano diretti per la gita in barca. La barca, Mary e gli altri, poi il buio, la paura.
“Dio mio, Mary! La barca? Ivan! Elena! Dovete cercarli, vi prego andate ad aiutarli!”
“Greg, calmati per favore e ascoltami bene. Purtroppo non ho buone notizie” e guardò a sinistra di Greg, il quale si voltò nella stessa direzione. C’era un altro letto, sul quale giaceva una ragazza. Mary. Teneva gli occhi chiusi ed era circondata da macchine di cui Greg non conosceva la funzione, ma capì che la situazione era grave.
La dottoressa riprese a parlare: “E’ in coma, Greg. Come lo eri tu, e come lo erano anche gli altri due vostri amici”
“Cos’è successo? Non ricordo nulla. So solo che ci siamo ritrovati in acque sconosciute e siamo stati attaccati da una terrificante mostro e...” non riuscì a continuare.
“Greg. Sarà durissima ma ascoltami. Tu e i tuoi amici avete avuto un terribile incidente. La vostra imbarcazione è stata travolta da un motoscafo che andava a tutta velocità. Il conducente purtroppo aveva perso il controllo a seguito di un malore. Voi eravate fermi e lo scontro è stato inevitabile.”
“Non capisco” disse Greg.
“I soccorsi si sono mossi il più in fretta possibile. Probabilmente siete svenuti nell’impatto, i soccorritori si sono dovuti immergere per recuperarvi, purtroppo siete rimasti molto tempo sott’acqua, senza ossigeno, da qui il coma.”
In coma, pensò Greg, quindi tutto quell’orrore era stata solo un’allucinazione. Eppure...
“Dottoressa, vedo che Mary è qui, ma dove sono Elena e Ivan? prima ha detto erano in coma, vuol dire che si sono svegliati anche loro?” chiese Greg, anche se aveva la sensazione di sapere già come stavano le cose.
“Purtroppo no. Hanno lottato con tutte le loro forze, abbiamo fatto tutto quello che potevamo ma questa mattina abbiamo dovuto dichiararne la morte celebrale”.
Greg a stento trattene le lacrime, voleva urlare ma chiese solo: “E’ morto prima Ivan e poi Elena, vero?”
“Esattamente”, rispose la dottoressa, “ma come fa a saperlo?” Greg non rispose, era ancora vivo il ricordo del mostruoso tentacolo che si era portato via gli amici più cari. Ma era davvero solo un sogno? Non cercò di rispondere, non gli importava. “Non ora.”
Il suo primo pensiero in quel momento era Mary.
Svegliandosi dal coma, l’aveva lasciata sola in quel luogo sconosciuto, buio e orribile, senza sapere cosa stesse succedendo.
“Ve ne prego svegliatela, non fatela soffrire così, non sapete cosa sta passando!!!” urlò Greg.
“Non possiamo, il risveglio forzato potrebbe ucciderla”
“No no, più aspettate più è probabile che la bestia se la prenda, non capite??? Dobbiamo salvarla!”
“Greg non possiamo fare niente, la prego si calmi” cercò di calmarlo la dottoressa
“No! No! Maledetti bastardi.... Allora rimettermi in coma, fatemi tornare da lei, non posso lasciarla!”
“Ora basta, lei ha bisogno di riposare”. E fece un cenno agli infermieri.
Greg aveva le lacrime agli occhi dalla rabbia, cercò di alzarsi dal letto ma gli infermieri lo trattenevano, e gli iniettarono qualcosa per calmarlo.
Mentre sentiva che le forze lo stavano abbandonando, Greg riuscì a malapena a dire “Mary... svegliati... ti prego... Perdonami... svegliati... ti prego...”

Intanto Mary, era ancora sulla barca, nel buio, sola. Piangeva, teneva le mani sulla faccia, come se potesse proteggersi da quell’orrore.
La barca era circondata dai tentacoli bianchi, che restavano lì, immobili, come in attesa di qualcosa...

Vittorio Pifferi



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