Alla deriva

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2021 - edizione 20

La bocca troppo larga per essere umana somigliava ad un sorriso maligno mentre rivelava una lunga fila di denti perfetti. Tra le onde occhi mi fissavano. Occhi sporgenti e vitrei in contrasto con un corpo sinuoso di donna.
Ero alla deriva da due giorni su un dinghy, una piccola barca a vela di tre metri. Stavo seduto stringendomi le spalle, i vestiti bagnati e pesanti. Tremavo.
Lo psicologo diceva di pensare a dove mi sarebbe piaciuto andare quando avevo una crisi di ansia ed io pensavo sempre ad una spiaggia.
A quella spiaggia.
«Sei mai stato alla Cala Razzoli? Si trova ad un’ora di barca dal porto.» Linda me ne parlava anche quando c’era l’infermiera, anche quando ormai le parole le morivano in bocca. Mentre mi fissava mi mancava l’aria, come sott’acqua. Non poter fare niente per aiutare chi ami può condurti sul baratro ed io avevo guardato troppo a lungo nell’abisso dei suoi occhi.

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Sei mesi dopo decisi di partire per la Cala. All’alba il porticciolo turistico era deserto come in un sogno, come tutto il tragitto d’altronde. Il dinghy mi aspettava pronto per salpare, sganciai gli ormeggi e presi il largo. La brezza del mattino mi tagliava il viso, ovunque era blu. Il mio colore preferito.
Mentre il mare ondeggiava soffice come una culla, la giornata scivolò via sino a quando lo vidi. Un corpo di donna con una coda balenava tra le onde. Girai il timone d’impulso, una, due, tre volte nella sua direzione. Pensai a Linda. Tirai più forte in preda ad un raptus sino a quando il timone si spezzò rendendo la barca ingovernabile.
Ora sono alla deriva e i suoi occhi mi fissano. I suoi denti brillano mentre pronuncia il mio nome tra le onde. L’abisso mi guarda ed io devo raggiungerla.

Gioele D'Amico

Gioele D'Amico nasce a Milano nel 1977. Laureato in architettura, lavora in Germania dove convive con la sua compagna, stella polare delle notti più buie.



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