Un lavoro scomodo

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2019 - edizione 18

Mi sono svegliata con gli occhi chiusi. Questa è nuova.
Devo andare a lavorare e oggi la vedo dura, provo a sdrammatizzare ma come si fa. Non oggi.
Doccia.
Il Capo ha scelto me, mi conosce, conosce tutte noi. Lo sa lui e lo sappiamo noi, questo è un lavoro da donne, alcune situazioni richiedono l'aiuto di un uomo, ma il grosso è meglio per tutti se lo facciamo noi. Noi donne, purtroppo meglio se madri. Io sono e sono stata una madre. Una madre di merda.
Mangio.
È passato diverso tempo dal mio primo giorno, sono cresciuta, sono forte e ne ho viste tante ma come questa di oggi no, questa è la seconda volta. E sapere cosa mi aspetta è una maledetta lama a doppio taglio.
Penso seriamente di arrivare in anticipo questo giro, credo di farcela e credo sia la cosa giusta, tanto so come va a finire. Spero davvero possa servire a qualcosa.
Esco.
Già il fatto che piova...
Arrivo.
Dietro a quella porta, come nella mia testa, c’è lo schifo. Le immagini e i suoni, occhi chiusi o aperti non fa differenza. Non mi sento molto bene ma posso farci poco, di sicuro devo stare calma.
L’uomo urla, la tiene bloccata con una mano sul collo, è sopra di lei sul letto e la spinge. E lei grida.
Per fortuna sono ancora vestiti, decido di intervenire per evitare una marea di cose, ma una succede. La bambina piangendo grida aiuto, chiama la sua mamma. Una seconda mano le chiude la bocca.

E io dovrei abituarmi a queste porcherie.

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Conto fino a due.
Mi fiondo su di loro.
Guardo in faccia lui, orrore. Prendo lei.
“Chi sei?”. I suoi occhi mi vedono. Non ha più dolore, non ha più paura.
“Vieni con me”, le sorrido.

Francesco Saule

Mi chiamo Francesco Saule, sono a nato a Trieste nel 1990. Ho un diploma di dirigente di comunità e nella vita parcheggio gli autobus della mia città. Nel tempo libero mi piace leggere e ogni tanto scrivo qualcosa.



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