“Sarà abbattuto il Palácio do Litoral, un tempo prestigiosa residenza affacciata sulla costa e luogo ambito in cui vivere, oggi edificio vuoto, impoverito dal progressivo abbandono dei residenti e in completo stato di degrado.”
(dal Correio de Recife, edizione odierna)
Tu indossi un costume a due pezzi e le infradito ai piedi. I triangoli di stoffa del reggipetto si tendono sulla curva dei tuoi seni, mentre i lacci intrecciati, salgono e sono stretti in un nodo dietro al collo. Altri lacci, ornati di perline, uniscono i lembi del perizoma, leggero e sgambato, che copre appena i fianchi e lascia libere le cosce abbronzate.
La tua pelle è come la seta, quando la sfioro con le dita che infilo audace sotto la stoffa, a cercare il tuo sesso che si schiude umido e caldo al mio tocco leggero.
Quando poso le mie labbra su di te, sai di salmastro, come il sapore del mare che riverbera, increspato dal vento, sotto il sole acceso.
Ascolto il vento che muove le foglie delle palme, proprio di fronte a noi, e quel fruscio si confonde con il tuo respiro.
Di fianco a noi è il letto sfatto, dove facevamo l’amore e mi accoglievi dentro di te. Le tue mani erano su di me, quando guidavi le mie spinte e respiravi ansimando, mentre il piacere ci stordiva.
Ora mi dai le spalle e non vedo il tuo sguardo, ma lo immagino assorto, rivolto a quel mare smeraldino che si staglia incorniciato nella porta-balcone, fino all’orizzonte lontano.
Vorrei stringerti tra le braccia e saggiare il tuo corpo, racchiudere nelle mani a coppa la morbida rotondità dei tuoi seni, con i capezzoli che spingono turgidi sui miei palmi.
Senza vederli, penso ai tuoi occhi scuri che sanno illuminarsi di liquida intensità, quando ti emozioni, e al tuo viso, che qualche volta si rabbuia, in una espressione pensosa, al ricordo di un dolore.
Quanto passato si porta dentro ognuno di noi, quante speranze e quante illusioni. Come è insondabile e misterioso il nostro destino, profondo come il mare che brilla davanti a noi.
Tu sei morta e io sono morto, ma aleggiamo ancora, fantasmi silenziosi, nelle stanze di questo appartamento ormai vuoto.
Come sembra difficile staccarci da questi nostri desideri terreni, dal calore dei corpi, che abbiamo perso un tempo ormai lontano.
Ora ti stringo, mentre ci scuote l’eco di un frastuono e un urto formidabile e dirompente fa tremare ogni cosa.
E si scolorano i muri che la muffa ricopre fulminea, cade a brandelli la stoffa ormai grigia delle lenzuola nel nostro letto.
Guardiamo smarriti queste stanze vuote, che il tempo ha consumato, e le assi di legno inchiodate alle finestre. Respiriamo l’aria dal sentore greve, che si riempie di polvere e calcinacci.
Crolla questo vecchio palazzo del lungomare, per le cariche di esplosivo fatte brillare alla base dei suoi pilastri.
E restiamo noi soli, spiriti senza corpo e amanti, nella luce del giorno, senza la forza di separarci l’uno dall’altra, incerti sul cammino tra questo mondo e l’altro.