«Nome?» domandò il primario mentre sollevava la mascherina fin sotto il naso.
«Hadi, ventidue anni. Lavora in uno scavo archeologico in Siria. Lo hanno trovato sotto un cumulo di pietre, vi è rimasto sepolto una notte intera.»
Hadi si contorceva sul letto della sala operatoria, nudo e tumefatto.
«Ghhh...gh... l...»
«Giovane Hadi, credo sia giunto il momento di lasciarci lavorare. Anestesia.»
«L... H... Ghhhh... No...»
Il primario calzò meglio i guanti in lattice mentre il paziente veniva sedato. Si mosse di lato ed individuò la zona messa peggio. Il torace era brutalmente sfondato, piegato su sé stesso.
Aveva appena cominciato quando distinse nettamente la pelle maciullata muoversi. Uno spasmo rapido. Guardò il volto di Hadi e lo trovò profondamente addormentato.
Poi aprì gli occhi e cominciò a fissarlo.
«L'anestesia non ha...» l'infermeria non finì la frase.
Una gigantesca mano emerse dal buco del petto di Hadi, poi un avambraccio e infine il resto di un arto bestiale, buio come la notte. Il sangue usciva dal buco come schiuma da una lattina troppo scossa.
L'infermeria crollò a terra mentre i due assistenti del primario urlarono.
Il primario udiva il gorgoglio degli organi e lo schioccare delle ossa mentre il braccio artigliava l'aria, in cerca di appigli.
Scoppiarono i condotti d'aria della sala operatoria, sparando contro il pavimento le grate di plastica. Prese fuoco il monitor di controllo e il carrello delle garze prese a vorticare su sé stesso.
La luce a neon morì.
Il tiepido chiarore delle fiamme dei macchinari mal delinearono l'immensa ombra che usciva dal corpo di Hadi, completando in un tripudio di pelle bruciata e viscere strappate il proprietario del braccio nero.
Il primario indietreggiò e cadde sul corpo dell'infermiera.
«Dio...» boccheggiò.
«Ti ascolto.» disse il Male.