Asmodeo aveva trascorso la notte trangugiando assenzio e dipingendo furiosamente un paesaggio infernale che si dispiegava al centro del quadro. I peccatori tormentati e torturati da diavoli ghignanti urlavano legati ai tavoli delle torture e bollivano in pentole di pece, e ai lati di questo paesaggio inquietante c'erano due colonne fatte di serpenti vivi intrecciati fra di loro in un'orgia contorta e sibilante.
Il pittore era ormai incapace di distinguere le fiamme infernali dipinte sul quadro dai raggi del sole mattutino che tagliavano in due la mansarda sporca. Nella metà oscura della stanza c'era il quadro illuminato fiocamente dall'ultimo rimasuglio di un moccolo di candela. Il pittore si trovava nell'altra metà, la peggiore, quella luminosa. Quella dove c'era il cadavere della donna che amava.
Asmodeo era abbracciato al cadavere della donna che aveva ammazzato la sera prima. Nella mano sinistra impugnava un paio di forbici con le lame sporche di sangue. Appoggiò a terra il corpo senza vita della donna, e con gli occhi gonfi dall'ubriacatura di assenzio ne guardò impassibile la schiena fredda e priva di pelle.
Tentò di alzarsi, ma barcollò frastornato, perse l'equilibrio e cadde a terra. Accecato da un raggio di sole, strisciò verso il quadro. Quando arrivò ai piedi del suo capolavoro trovò la forza di alzarsi e sferrare una sforbiciata che aprì un lungo squarcio verticale in mezzo alla tela.
Asmodeo afferrò i lembi tagliati, li allargò e fissò il paesaggio che si dispiegava al di là delle colonne di serpenti. I diavoli torturatori lo scrutarono e sogghignarono. Senza esitare un solo istante l'artista infilò la testa in quel quadro che era stato dipinto sulla pelle asportata dalla schiena della donna ed entrò nell'Inferno.
Nessuno sa se Asmodeo è diventato un peccatore o un diavolo.