Distesa sul mio letto, nuda, Stephanie mi invita con un cenno a raggiungerla. Da non credere che solo mezz’ora fa ero seduto davanti a una birra al bar sotto casa. Solo e annoiato.
Un rapido gioco di sguardi, poche parole e un brindisi: il minimo indispensabile per decidere che era tempo di concludere in bellezza la serata.
I vestiti spariscono in un lampo per dare sfogo alla passione che brucia entrambi in un lungo bacio bollente. Mi inebrio del suo muoversi sinuoso e mi lascio guidare seguendo i suoi desideri: capisco subito che è padrona della situazione e non oppongo resistenza quando mi invita a sdraiarmi per poi sedersi sopra di me.
L’ultima cosa che ricordo è il suono delle campane che annunciano la mezzanotte: vedo i suoi lineamenti mutare in un orribile maschera di putrefazione.
Ora il sorriso di Stephanie è un ghigno che mostra zanne gialle e consunte incastonate nelle gengive nerastre e gonfie, gli occhi vacui mi penetrano come una lama arroventata. In un lampo il dolore delle unghie che mi lacerano il petto mentre con l’altra mano, brulicante di vermi e morte, mi serra la bocca soffocandomi in gola un urlo di terrore.
Mi sveglio di soprassalto sedendomi sul letto: il peggior incubo che abbia mai fatto! Ancora fradicio di sudore gelido, poso lo sguardo sulla sveglia del comodino: le 23.59. Un attimo più tardi il suono familiare delle campane. La porta della mia camera si apre cigolando...