L’uomo allo sportello inarcò un sopracciglio, un sorriso forzato sulla faccia smunta.
“Deve aspettare il turno, signora. Invece di farci perdere tempo, riempia il modulo così quando le toccherà faremo in un attimo... Numero 932.184.613, prego...”
La donna afferrò il modulo con la mano ossuta e tornò a sedersi.
“Ma guarda che roba, da non crederci! Sono secoli che sto in fila!”
Un signore le rivolse uno sguardo d’intesa, e si sporse dalla sedia.
“Non si arrabbi, signora, non serve scaldarsi.”
L’altra gli lanciò uno sguardo vacuo, agitando il modulo.
“Dice bene, lei! Ma la vedo sofferente, da quanto non mangia?”
Il tizio si avvicinò ancora. Lei si ritrasse per mantenere le distanze dall’alito fetido che usciva dalla bocca sdentata.
“Vede?” disse l’altro indicando una busta, “vermi quasi freschi, roba di contrabbando...”
“Vedo... senta, lei sembra non avere fretta, che numero ha, faccia vedere... ah bene! Le andrebbe di scambiarlo, ho una scorta di vermi rari in arrivo...”
L’altro schioccò la lingua nera e le porse il biglietto.
“Nessun problema! Ma per i vermi?”
“Mi dia un attimo e sono da lei” gli rispose correndo allo sportello.
“Ecco qua, sono cinque pratiche”, disse presentando il modulo.
“Molto bene” rispose l’impiegato timbrando il modulo.
“Ma dove va? La ricevuta!”
“La prendo dopo” urlò correndo, facendosi largo nella folla a colpi di stinchi.
I cinque addossati al muro ebbero appena il tempo di girarsi a guardare il sole inondarli dalla finestra esplosa. La donna afferrò una manciata di vermi prima che la luce li bruciasse e li portò al tizio.
“Vermi di vampiro! Grazie!” esclamò lo zombi.
“Una promessa è una promessa” rispose la Morte, “ora mi scusi, vado di sopra a dimettermi, finalmente.”
“Sul serio? E poi?”
La Morte alzò le spalle.
“Tanto non servo più, ormai siete morti tutti...”