Oblivion

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2016 - edizione 15

“Devi venire con me.” Non vuole interagire ma è docile. Gli spiego che dopo le pulizie ci sarà un’altra cosa da fare. I suoi occhi sorridono al mio cuore, con un baffo di ironia. Vorrà dire di sì. “I fogli che trovi qui sopra, li passi nel tritadocumenti, quello accanto alla scrivania. Lo devi fare tutte le sere” “vedrai sarà divertente, fare dei coriandoli come per carnevale” “Mi hanno detto che sei in gamba, preciso.” un brivido mi corre lungo la schiena. Di chi è stata quest’idea, di mettere la mia vita nelle mani di quest’essere. Mi hanno detto che non sa nemmeno leggere, ma io non ci credo. Intanto lui fa come gli dico. Nemmeno una punta di sollievo. Non provo a stringergli la mano, gli tengo forte il polso, senza serrare. Mi viene il pensiero di avere un’aria stravolta, la tensione mi ha fatto dimenticare di tenere insieme la faccia.
A questo punto i saluti sembrano già fatti, mi allontano senza dire più niente, e fuori è di nuovo ancora la notte più fredda dell’anno.

Qualcosa di strano mi è rimasto in memoria, per quello non basta il tritadocumenti.
Stanco di ondeggiare nel vento, ritorno sui passi. La portinaia mi saluta con sospetto, ma è il suo mestiere. Inserisco la serie di codici automatici, che mi permettono di accedere fin su, nella mia stanza. Il ragazzo tiene la testa verso il basso, lo vedo da uno spiraglio nella porta. Nelle sue mani brandelli, coriandoli con cui non intende giocare. E i suoi occhi infine mi guardano. Il ghiaccio, la neve, ora sono nelle mie ossa. “non sapevi leggere”gli dico.
“non importa saperlo” risponde “sono stato scelto per questo, per questo mi sono preparato. Per poter essere ammesso qui ho dimenticato tutto, fuori che il tuo volto”.

Serena Imperiale