“Mamma! Mamma!”
La voce piena di terrore della figlia richiamò Elsa dal sonno proprio nelle ore più profonde della notte.
“Arrivo, Anna, un attimo, non vedo niente!” disse Elsa ad alta voce, imboccando il corridoio immerso nel buio. Ad un tratto, le sue mani intercettarono una piccola figura proprio all’imbocco della scala che portava al piano inferiore, ed Elsa tirò un sospiro di sollievo.
“Eccoti piccola, vieni, andiamo nel lettone. Cos’hai sognato? Mi hai spaventato a morte!”
La piccola non le rispose, ma le si aggrappò addosso con forza sorprendente e si lasciò condurre nella camera dei genitori.
“Sei fredda gelata, accidenti! Vieni sotto le coperte” le disse la donna, accarezzandole la schiena e cercando la sua mano sotto il piumone. Dio santo, era un pezzo di ghiaccio!
“Dormi tranquilla, adesso. Mamma e papà sono qui.”
Riccardo, il marito, borbottò qualcosa nel sonno ma la sua partecipazione emotiva si ridusse a quello.
Col cuore che, lentamente, tornava a un battito normale, Elsa si accoccolò su un fianco, cingendo fra le braccia il corpo della bambina, che rimase stranamente rigida, come se la paura ancora la attanagliasse.
“Mamma...”
Elsa alzò di scatto la testa dal cuscino, gli occhi sbarrati nel buio.
La voce... la voce della bambina. Non veniva da lì. La distanza era tutta sbagliata. Veniva da dov’era giunta la prima volta. Dalla camera di Anna. Dal fondo del corridoio. Ed era sfiatata dalla paura, proprio come lo sarebbe stata quella di Elsa se fosse riuscita ad emettere un singolo suono.
“È lì con te, mamma... è lì con te...” squittì la piccola, da lontano.
Poi, mani piccole e gelide afferrarono Elsa per i polsi e strisciarono rapide come ragni su per le sue braccia, posandosi sulla sua bocca, accompagnate da una lieve risata, anch’essa gelida come una notte d’inverno.