Due labbra fredde le sfiorano la fronte.
- Ciao, a stasera! -
Esce sbattendo la porta.
Osservando la figura del padre, incoronata dalla macchia bianca di capelli ricci, rimpicciolire lungo la strada Tea avverte un rimescolamento nello stomaco. Vuole fare pace: gli scriverà una lettera che lascerà sotto il cuscino.
Non tornerà: un mostro fuggito dal Quombi lo ha assalito. Ora anche papà ciondola come una marionetta assemblata da un burattinaio ubriaco.
Sauro, il figlio del capo delle guardie, con una mano le passa una corda e con l’altra accarezza la moltitudine di tasche che Tea ha cucito sulla vecchia tuta da lavoro del nonno, indossata sopra alla muta. Sono fermi sul ciglio di una buca piena di fango. Il disco della luna si riflette sulla superficie melmosa.
- Bel lavoro. Lo strato di fango verrà molto grosso! Per evitare cazzate riepilogo: maschera e boccaglio ben stretti, t’immergi nel fango; quando ti tocco la testa risali. Dopo che ho compattato il fango su tutto il corpo monta sul rimorchio che ti porto nel Quombi. Conosco gli orari delle ronde: puoi rimanere al massimo quaranta minuti, ma tieni sempre la corda nel pugno. Quando tiro devi ritornare. Non correre mai per non rischiare che il fango si stacchi.
Tea è nel Quombi, il quartiere prigione degli zombi. Come una creatura di fango si aggira tra corpi color legno marcio devastati da invisibili organismi carnivori. L’odore della decomposizione è disgustoso e il lamento che esce monocorde dalle bocche, una sorta di muggito ovattato, le mette i brividi. Forse è pazza, ma non sarà mai in pace con sé stessa se non tenta di lasciare la lettera che penzola dentro a una busta appesa alla maschera.
Scruta i mostri alla ricerca di una macchia biancastra di capelli ricci.