Nel deserto v’è un’oasi. Nell’oasi v’è una polla. Nella polla v’è l’ingresso per le rovine di Kamai.
Non è facile trovarlo, perché nessuno lo conosce. E, se lo conosce, avrà parecchi motivi per starne alla larga.
Non così Fuad. Egli attese che Saturno fosse nella XII casa e la luna perpendicolare all’acqua. Questa evaporò, rivelando un lungo cunicolo umido.
Mentre teneva alta la torcia fumosa che lo portava nel ventre della terra, egli provò a immaginare l’aspetto di Serrakhali e con quale inganno sarebbe riuscito a ottenere il dono dell’onniscienza, desiderio che lo aveva portato a divorare testi eterogenei e deliranti.
Serrakhali, custode della follia. I tomi lo chiamavano così perché nessuno avrebbe potuto contenere in sé tutto lo scibile.
Ebbene, Fuad avrebbe tentato.
Il cunicolo si aprì su una vastità oscura ed echeggiante.
Una massa violacea, immensa e senza volto, ondeggiava al limite del lume della torcia. Sembrava si muovesse su tre gambe. Un quarto arto terminava in un moncherino.
“Tu, scheggia del moto primigenio, testimone della creazione...” provò a irretirlo Fuad.
All’appello rispose solo un alito di vento, lo stesso che dovette vibrare durante la costruzione dei mondi.
E fu tutto quello che Fuad sentì prima di stramazzare al suolo.
Se avesse avuto ancora sensi, egli avrebbe percepito un grande calore, lo scioglimento della propria pelle e una forte compressione. Un contatto di carne su carne. Compatta. Solida, come una colonna.
Serrakhali cercava di ricostruire il suo arto da tempo immemore, e per questo aveva bisogno di trecento corpi.
Ma poco alla volta.
Doveva ponderare bene la sua vendetta sugli uomini. Avrebbe continuato a sussurrare nell’orecchio dei più ambiziosi promesse di grandezza, ed essi sarebbero convenuti a una polla, in un’oasi, nel deserto, quando la luna si sarebbe trovata su uno specchio d’acqua e Saturno nella XII casa.
Nato a Napoli alla fine degli anni ’80, ha studiato a Lettere e Filosofia nella medesima città. Si cimenta con varia fortuna nell’allestimento di racconti brevi, quando il calvario del non-più-neolaureato in materie umanistiche gli concede un po’ di tregua. È ecocompatibile: funziona a caffè, sempre più spesso a birra. Nutre una passione per il fantastico in ogni sua accezione.