“Io so che è maledetto”, disse la bambina mettendo piede nel bosco.
Lui avrebbe voluto non lo dicesse mai, e negò con un sorriso, continuando a stendere sull’erba la tovaglia a quadri che avevano portato per mangiare. Sullo sfondo, fra i tronchi d’albero coronati dalla luce del sole, il loro cane annusava e scattava sulle tracce di qualcosa.
Fu l’oscurità a spezzare tutto. L’uomo continuò a sorridere, ma l’aria intorno aveva qualcosa che gli mangiava lo stomaco a piccoli morsi. Rapida com’era stato il buio, la fila di alberi alle sue spalle si spostò venendogli davanti, e lui si ritrovò a guardare la sua stessa schiena.
Fra le ombre.
Ce n’erano a migliaia, riusciva a scorgerle ogni volta che si voltava e, con la gola secca, si rendeva conto di avere davanti qualcosa di diverso da quello che avrebbe dovuto trovare. Come se fosse una mosca e riuscisse a guardare da più punti di vista insieme.
E il cane guaiva, ma quel che era peggio era sentire la voce della sua bambina, che piangeva e invocava aiuto, rimbalzargli addosso dai mille angoli invisibili di quell’oceano d’acqua nera in cui gli alberi annegavano.
Fu quella stessa notte infinita a partorire un volto. E poi due. E poi un altro, e un altro ancora. Lui non sapeva contarli, ma fu certo, per qualche motivo simile all’istinto, che le ombre si fossero trasformate in uomini. Nudi, con il corpo completamente pitturato di bianco e di blu e le labbra rosso sangue, sembravano giullari ancestrali, clown di un’era antica. E avevano occhi fissi, come svuotati e spalancati da un uno stupore innaturale e privo di senso, pronti a prenderlo.
Il cane e la bambina non c’erano più, soltanto loro; l’uomo iniziò a correre e non si svegliò più.
Francesca Fichera nasce nel 1988 a Napoli, dove cresce ascoltando fiabe e guardando film un giorno sì e l’altro pure. Ventiquattro anni più tardi prende il cinema (horror), i libri (quelli di Stephen King) e ne fa una tesi di laurea in Storia e critica cinematografica; da quel momento in avanti, oltre alle recensioni (CineFatti), alle sceneggiature (Lv-225, in vetrina al Festival di Cannes) e a una valanga di storie (più o meno compiute), nel suo archivio personale (e su Quaderni D’Altri Tempi) riposa un discreto numero di saggi. Si aggiunge l’università, che fra visioni, letture e scritture, la aiuta a fare luce sul lato oscuro, nonché scientifico, della comunicazione".