Mai piu' Morte

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2015 - edizione 7

Avevamo fallito, e ora il mio migliore amico era in coma, di fronte a me, in un letto d’ospedale. L’odore dei disinfettanti penetrava le narici, un odore detestabile, che mai avrebbe potuto coprire il fetore di morte. Tutto accadde a causa mia. Anelavo all'immortalità.
Quel che fummo capaci di fare. Dio, diventammo vecchi, per diventare degli assassini.
Ma io non voglio morire!
Un tardo pomeriggio di qualche settimana addietro, il fato fece sì che io e il mio amico ascoltammo, senza esser notati, una conversazione tra due forestieri.
Erano appena arrivati in paese, ma avevano comunque avuto il tempo di bersi qualche goccio di troppo. Questo li rese meno accorti, e alzò sensibilmente il tono della loro voce.
Fossero stati più prudenti.
Quando sentii pronunciare il nome di Tobias Moore zittii maleducatamente il mio amico. Quello di Moore era un nome pericoloso. Diverse voci, nessuna delle quali lusinghiera, si aggiravano sul suo conto.
Si diceva si dedicasse alla magìa, lassù nella sua casa che si ergeva solitaria in cima alla collina.
E infatti i due si dicevano convinti che Tobias possedesse e facesse uso di un libro maledetto, non dirò il titolo, impazzireste. Sapevano anche altro però, il libro, dicevano, non era bruciato nell’incendio che arse casa Moore una settimana prima della morte del suo proprietario. No, Moore se lo portò con se nella tomba. Le lingue dei due scivolavano leste lubrificate dall’alcool. Venimmo così a sapere che quella stessa notte avrebbero profanato la tomba di Moore e trafugato il libro. Bastò uno sguardo ed io e il mio amico fummo d’accordo, quel libro sarebbe stato nostro. Solo così avrei avuto una possibilità di sconfiggere la morte.

Ci nascondemmo tra le lapidi, aspettammo la notte e quando i due recuperarono il libro, agimmo. Silenziosi, colpimmo ripetutamente, i due crollarono sotto i colpi dei bastoni, esanimi. Fuggimmo con il libro e trovammo cosa facesse al caso mio, un incantesimo. Secondo l’abominevole testo, sarebbe bastato che un essere umano - e al fatto che il libro specificasse “essere umano” rabbrividimmo entrambi - leggesse ad alta voce quelle detestabili parole ad un altro essere umano e quest’ultimo avrebbe “vissuto per una vita ancora”. Dio mi perdoni, feci leggere l'incantesimo al mio amico.
Non funzionò, appena finì di pronunciare l'incantesimo crollò a terra. Ed ora è davanti a me, in coma e io ancora decrepito, l'unica differenza è che siamo due assassini ora.
In quel momento Randolph aprì gli occhi. Era vivo!
- Randolph - gridai - mio buon amico! -
- Chi cazzo è Randolph? - rispose lui - Il mio ultimo nome, è stato Tobias. - Mentre parlava, il corpo di Randolph ringiovaniva a vista d'occhio.
- Oh tu devi aver recuperato il mio libro, - proseguì - Devi sentirti confuso, ingannato, ho già visto quello sguardo. Solo che c'è di peggio, sai? Quel che l'incantesimo non specifica è perché servano due esseri umani, il motivo, vecchio idiota, è che quando mi risveglio in un nuovo corpo, ho fame! -

Alessandro Antinori