Piccola e verde gli si appoggia sull'alluce. Lui scalcia l'aria, inutilmente. Sospira, e quando il lezzo sale alle narici, affranto, spicca il balzo.
Torni a casa da scuola e tua madre è in vena di cazzate.
Abbiamo trovato un'occupazione, ti dice, e inarchi un sopracciglio. Assaggia il minestrone, continua lei, solenne, ormai possiamo aprire una trattoria...
Tu lo schifi, il minestrone, ma ce n'è un piatto solo, abbondante, ed è... squisito.
Al secondo cucchiaio un brusio vicino al lampadario, un ciaf! La cimice si fionda come un kamikaze e il fetore è immediato.
Imprechi, decidi che no, non può morire così, impunita, fra le carote e i fagioli bolliti.
La ripeschi, la puzza s'attacca alle mani. L'appoggi sul tovagliolo di carta.
Bruci gli angoli con l'accendino e stai a guardare. Le zampette spariscono in un crepitio accennato, ma non muore. Meglio così: hai deciso che deve soffrire ancora.
Usi il sapone, l'alcol, l'acqua ragia.
Ti lavi mille volte ma il tanfo non sparisce. Per poco l'odore non t'impedisce la colazione. Vai a scuola ma non entri: trascorri la mattina al parco, rifugio di quelli che bigiano, con le mani sotto la fontanella.
Cominciano a puzzarti anche le braccia: ti basta avvicinare il naso a una spalla.
Stai lontano da tutti eccetto che dal negozio di detersivi.
Ne scorgi una che zampetta sullo scaffale, ma stavolta fuggi, sotto lo sguardo disgustato della commessa.
Mangiare è ripugnante. A fatica riesci a bere.
Fai di tutto per non far capire che sei tu. Se ne vedono alcune, per fortuna, e tua madre non si accorge che sei tu a esalare quel tanfo. L'appartamento diventa invivibile e telefona a una ditta di disinfestazioni.
Le ritrovi nel letto, fra i vestiti, nelle scarpe; alcune si fanno schiacciare quando ti siedi o ti gratti la fronte.
Dopo la centesima doccia anche l'acqua bollente non ti dà alcun sollievo.
Useresti il profumo, ma la pelle è una pizza di croste e sangue e brucia troppo.
Quando anche l'alito è un miasma hai voglia solo di piangere e vomitare.
Respirare diventa un martirio, sbatteresti la testa contro il muro fino a smettere per sempre.
Vorresti chiedere aiuto, ma ti vergogni troppo. Scalzo sali sul tetto del condominio, ti affacci al cornicione circondato da un ronzio assordante.
Una ti si appoggia sull'alluce.
Chiude gli occhi e aspetta lo schianto, ma loro sono decine, migliaia... forse milioni. Gli si poggiano addosso sbattendo le ali, ne rallentano la caduta. Una, ne è sicuro, lo guarda negli occhi.
Cade su un letto di esoscheletri verdi e marroni, alcune ossa si spezzano, ma non muore.
Hanno deciso che deve soffrire ancora.