Mirrors

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2015 - edizione 7

Non c’erano molte cose che amavo fare ma al primo posto c’era ciò che mi portò alla morte. Avevo sempre amato gli specchi, passavo ore ed ore attaccato a quello della mia camera. Dall’altro lato c’era un altro me che forse non aveva un padre che tornava ogni notte ubriaco e che lo svegliava per picchiarlo, una madre depressa e un fratello drogato, forse era più fortunato e anche lui era un bambino che amava gli specchi e che trovava in me il suo unico amico. Naturalmente la mia passione mi portò ad anni ed anni di terapia ma lui non mi abbandonò mai, ogni volta che mi avvicinavo allo specchio era lì, sorridente, ad aspettarmi. Crebbi ed iniziai a collezionare specchi provenienti da tutto il mondo, la mia casa ne era piena. Non sopportavo di non averne uno a portata di mano. Fu questa mia ossessione a spingermi a comprare il più grande specchio mai visto. Arrivò a casa mia il giorno seguente e lo sistemai nella mia stanza, osservai l’amico di sempre dall’altra parte dello specchio e sorrisi, lui ricambiò. Dopo avergli parlato mi infilai nel letto, l’altro me mi aveva ascoltato silenzioso come sempre. Mi addormentai velocemente mentre il giorno lasciava spazio alla notte, non potevo certo sapere che non avrei più rivisto la luce del sole.

Erano circa le due quando mi svegliai di soprassalto a causa di un incubo in cui il mio riflesso si trasformava in un mostro. Puntai il mio sguardo sullo specchio: tutto normale. Mi allungai e cercai di riprendere sonno quando sentii una voce che sembrava la mia ma appariva distorta. La voce si fece sentire più forte e chiara di prima, non faceva altro che canticchiare il mio nome in modo spettrale come quando nei film horror il killer chiama la vittima che cerca di scappare dal suo destino. Io quella notte non riuscii a scappare. Osservai lo specchio e la vidi: la mia immagine riflessa che mi chiamava. “Tu parli?” fu l’unica frase di senso compiuto che riuscii a formulare “Certo, amico mio. Io sono una persona proprio come te. Solo... più fortunata” non capii subito ciò che intendesse dire “Non capisco” “Io ho una famiglia perfetta che tu non hai mai avuto, una vita vera e non sono intrappolato nella mia casa. Io ho imparato a vivere, tu no. Sai, sarei disposto a fare cambio. Farei di tutto per un amico”. Non riuscivo a controllare il mio corpo che si stava avvicinando al mio interlocutore “Perché vorresti avere la mia vita? Non ho niente” “Tu hai me, James e io ci sarò sempre”. Fu in quel preciso istante che toccai lo specchio e, come ponendo fine ad un incantesimo, il mostro del sogno prese il posto dell’altro me: denti aguzzi, pelle grigia mancante in alcuni punti e orbite vuote al posto degli occhi dalle quali fuoriuscivano vermi. Il mostro mi prese il braccio spingendomi nello specchio con una forza impressionante. I legamenti si erano spezzati provocandomi un dolore straziante. Le mie urla non mi salvarono quella notte e l’ultima cosa che vidi prima di cadere in un sonno senza fine fu il viso del mostro.

Chiara Di Piro