The beast inside

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2015 - edizione 7

Folate di vento glaciale mi sfregiano il viso mentre cerco di farmi strada tra i rami rinsecchiti. La natura mi ostacola e tenta di avvisarmi, ma non le do retta, proseguo. Posso sentire il fetore del loro alito sul collo, accelero il passo, ma non è facile camminare in questa melma che vuole inghiottirmi e vomitare la mia anima. Devo provarci, lei non mi avrebbe abbandonato, non lo avrebbe fatto mai. Il cielo plumbeo piscia petrolio, stille di ghiaccio nero si conficcano nelle mie carni facendomi sanguinare, i bastardi ne fiutano l’odore e urlano più forte. Già pregustano il sapore della mia vita. Non ricordo esattamente come Giulia avesse aperto il portale, l’ultima cosa tatuata nella mente è la sua mano che lascia la mia presa e viene trascinata dentro questo fottuto mondo.
Il dolore che provo mette a dura prova le mie forze, e la lucidità vacilla, forse è solo un incubo. Finalmente sono fuori dalla boscaglia, raccolgo le ultime energie e corro guidato dalle urla di Giulia, anche le creature accelerano impazienti; mi volto, voglio assicurami di essergli abbastanza lontano, inciampo in quello che distinguo come un femore rosicchiato. Cazzo non voglio fare quella fine, penso, no, non mi avranno maledetti bastardi, non così facilmente. Scorgo delle luci in lontananza, mano a mano che mi avvicino prendono forma rivelandosi lingue di fuoco, aldilà del rogo un albero enorme con rami lunghi adunchi trattengono Giulia. Vorrei urlare, ma lo strazio mi si soffoca in gola. Non riesco a credere ai miei occhi, se fossi un uomo di fede questo sarebbe il momento giusto per pregare, ma nella vita ho sempre creduto solo in me stesso, mi sbagliavo, ora lo so.

Le sue bestie mi raggiungono e mi bloccano infilzandomi con le unghie. Strane creature a metà tra lupi e capre sfoderano denti affilati e mi ringhiano in faccia tutto il loro potere obbligandomi ginocchio. La loro bava viscida e acida mi cola sul viso lacerandomi la pelle. Ormai sono rassegnato al peggio e so che morirò; questa volta io e Giulia ci siamo spinti troppo oltre sfidando l’ignoto con la superbia e l’ignoranza di cui solo noi umani siamo capaci.
Mi lascio cadere, non ha più senso opporsi. Uno dei bastardi alle mie spalle mi afferra per i capelli e mi costringe a guardare: Giulia è imbrigliata al centro del tronco, nuda con le gambe divaricate è sorretta dai rami-artigli, grida e spinge con tutta la forza che le rimane fino a partorire il figlio di quel demonio, che afferra il cordone e lo strappa a morsi, liberando la piccola creatura. L’impotenza e la frustrazione prendono il sopravvento nel vedere quell’obbrobrio cibarsi della madre, è soddisfatto, ma non troppo, rotola giù e con movimenti disumani mi raggiunge. Faccia a faccia con quell’orrendo corpicino sostengo il suo sguardo vermiglio, lui spalanca le fauci e mi si avventa contro affondando i minuscoli canini nella giugulare, le tenebre scendono di colpo e i suoni divengono ovattati. Chiudo gli occhi cullato dal suo vagito.

Luisa Lajosa