Passeggiare sotto il sole pomeridiano aiutava a trovare le parole giuste: «Sono di origine greca e Daniela non è il mio vero nome».
Continuarono a camminare e lei tacque qualche istante, senza mai voltarsi nello sforzo di raccogliere le idee. Trascurò la lieve esitazione nella stretta della mano di Luca e apprezzò un silenzio che concedeva il tempo necessario, finché aggiunse: «Ho abbandonato la terra natale ormai da molti anni».
Un giovane sfregiato e armato di coltello sbucò dalle ombre del vicolo. «Datemi subito tutti i soldi!», intimò con fare allucinato puntando minaccioso l’arma in direzione della coppia. «Questa è una rapina, se fate i furbi vi ammazzo».
«È meglio obbedire e dargli quello che abbiamo», bisbigliò Daniela al compagno, sollevata nel trovare Luca propenso a seguire il consiglio.
Il rapinatore aveva ottenuto come bottino diverse centinaia di euro e un orologio di lusso, poteva ritenersi soddisfatto. Ma identificò Daniela e pensò che la fortuna di essere incappato in una celebrità valesse ben più di quanto era riuscito a raccogliere. «Io ti ho già vista», affermò mentre si avvicinava per valutarla meglio. «Tu sei quella famosa artista delle Sculture Viventi».
«Esatto, l’hai riconosciuta», ammise un attonito Luca, che si sforzava di mantenere la calma, di imporre la ragionevolezza evitando un tono troppo arrendevole. «Però ti abbiamo dato i soldi e hai promesso di lasciarci liberi».
«Zitto o le taglio la gola», ribatté lo sfregiato. «Tu levati questi ridicoli occhiali, voglio guardarti in faccia mentre parlo». In un attimo le fu addosso, con un gesto brusco fece per strapparglieli. Incurante della minaccia dell’arma, la donna spintonò Luca senza dargli modo di intervenire, poi alzò le mani a protezione del viso e tentò di divincolarsi, ma il rapinatore era più forte di lei e vinse in un attimo quella resistenza. Gli occhiali caddero e lui riuscì a incrociarne lo sguardo come aveva desiderato. Venne trasformato all’istante in una statua di pietra.
Luca era rimasto frastornato dalla rapidità dell’accaduto, riuscì a sentire senza comprenderlo l’avvertimento di voltarsi, perché una tentazione irresistibile gli fece guardare l’aspetto mostruoso della propria compagna, quello che mai avrebbe voluto mostrargli: capelli scarmigliati e attorcigliati in nodi serpentini, denti marci e appuntiti come zanne, pelle grigiastra e incartapecorita. Ma soprattutto gli occhi, capaci di mutare in pietra chiunque avesse l’ardire di fissarli.
Con le mani trasformate in appendici artigliate, Medusa accarezzò per l’ultima volta il viso dell’uomo che voleva amare, ora morto a causa della sua arte. Si domandò il motivo di tanta crudeltà da parte del destino, l’essere ammirata per la capacità di infondere alla pietra il tocco della vita, quando era vero l’opposto. Dagli occhi letali della Gorgone scendevano lacrime dall’immensa tristezza, l’infelicità senza tempo di una creatura condannata da un’antica maledizione a convivere con le fattezze di un essere mostruoso.