La foto è sulla mensola: lui sorride, lei lo bacia sul collo.
Mentre Antonio sta apparecchiando per due, un pensiero fugace gli attraversa la mente – forse dovrei nasconderla. Il campanello suona: sul pianerottolo una donna elegante, capelli scuri e occhi da cerbiatta.
«Ciao, sono Anita»
La fa accomodare. Lei nota il tavolo e si ferma.
«Addirittura?»
«Non si usa?»
«No», gli dice lei con un sorriso materno. «Di solito no»
Parlano di tutto, come se tutto fosse normale. Finito di mangiare lei gli si avvicina, vanno verso il divano, si abbandonano sdraiati.
Antonio ha gli occhi lucidi.
Lei, corrucciata. «Se hai cambiato idea, devi dirmelo adesso»
Lui scuote la testa lentamente, guance umide. Lei annuisce, e mentre si lega i capelli nota la foto. La sua espressione si fa assorta.
«È per lei, vero?»
L’uomo la guarda dal basso, occhi negli occhi. Fa di sì con la testa.
Anita gli accarezza i capelli e gli asciuga le lacrime. Mentre si china su di lui, le pupille le si restringono; due canini avorio le spuntano dalle labbra rossetto. Lo prende piano, con dolcezza. Quando i denti recidono l’arteria, Antonio ha un brevissimo momento di dolore; la vista diventa cremisi, poi dal cremisi passa al nero
Due mesi dopo
Al bar, un mattino. La luce non gli procura più il dolore dei primi giorni: le vesciche sono ormai un lontano ricordo.
Lei è al tavolino con le amiche, ride e guarda negli occhi l’uomo lì a fianco. Si tengono per mano.
Si ferma davanti a loro, muto. Le placche in gola devono ancora sparire.
«Ah... Antonio». Lei, quasi sottovoce. «Ciao... come stai?»
Non la sente. L’unica cosa di cui si rende conto guardandola è il pulsare preciso e costante della sua giugulare che segue a ritmo di danza il battito del cuore.