Occhi sbarrati nel buio della mia stanza, pupazzetti, potrebbero sembrare mostri alla luce giusta.
Questo non è un incubo, questo è ciò che vedo.
Vedo ma non parlo, la mia lingua atrofizzata in una gabbia di denti, le mie corde vocali solo membrane secche, la mia gola un antro pieno di sabbia.
Le mie dita sono ferme, schiacciate dal peso di troppo rancore e le mie braccia giacciono inerti ai lati di questo mio corpo immobile.
Le gambe, solo un lontano ricordo.
Le palpebre tremano e sotto di esse sento occhi scattanti e pupille estremamente vive, a districarsi in labirinti di paure immaginarie.
Li sento crescere; vorrei urlare.
I miei polmoni raggrinziti non me lo permettono.
Tutto è così docilmente quieto attorno a me, come se i mostri nascosti sotto il mio letto dovessero spuntare da un momento all’altro.
Li sento crescere; li sento crescere e moltiplicarsi.
Vorrei tirar su le coperte fino ad eclissarmici dentro, in quel gesto infantile di protezione che riaffiora nei momenti di minor vigilanza.
Non ci riesco e neppure servirebbe dato che ormai li sento crescere e moltiplicarsi e muoversi nel mio corpo come fosse il loro.
L’opprimente silenzio attorno a me sgretola questo mio ultimo pensiero ma non ferma le loro immonde bocche.
Un unico rimpianto, non aver chiuso gli occhi prima che la falce calasse.
Nadia Caruso è nata il 10 aprile 1992 a Reggio Calabria ed è cresciuta a Sinopoli, un paesino della piana di Gioiatauro dove ha frequentato le scuole elementari e medie. Dopo essersi maturata dal liceo scientifico di Sant'Eufemia d'Aspromonte si è trasferita per motivi di studio a Torino dove attualmente vive per frequentare la facoltà di Lingue e letterature straniere dell'Università degli studi di Torino.È in attesa di pubblicazione con la Sadastor Edizioni per uno dei racconti facenti parte del quarto volume della collana Asteria.