Crisi mondiale

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2014 - edizione 13

Le ricerche degli scienziati si erano rivelate infruttuose e avevano dato solo una poltiglia poco sostanziosa. Le ultime sacche di bestiame si erano rintanate nei meandri della Foresta Amazzonica, ma sarebbe stata una missione suicida cercare di recuperarle. I saccheggi erano all’ordine del giorno. Negozi, ospedali e supermercati erano depredati da folle idrofobe e affamate.
Il Comitato Mondiale aveva così deciso di convocare una riunione straordinaria per stilare un programma di salvataggio. Dopo un inizio promettente, i partecipanti, inadeguati e poco diplomatici, si fecero sopraffare dalla paura e presero a insultarsi e a tirarsi dietro tutto ciò che veniva loro sotto mano: penne, accendini, fogli appallottolati.
<<Ordine>>, sbraitò il Presidente del Comitato con gli occhi fuori dalle orbite.<< Vi sembra il modo di comportarvi? Stiamo parlando della salvezza della nostra specie.>>
<<Non c’è più niente da fare>>, farfugliò uno gemendo, <<ci dobbiamo sparare un colpo in testa.>>

Questi non perse tempo in altri giri di parole, estrasse la pistola dalla cintola dei pantaloni, si puntò la canna in mezzo alla fronte e… Bang!
Per una manciata di secondi regnò il silenzio, gli occhi sbarrati e le lingue penzolanti.
Il Presidente balzò alla porta della sala, spalancandola. <<Andate al diavolo>>, urlò vedendo i primi che correvano verso il cadavere. Camminò con passo claudicante verso il suo ufficio. Si sedette alla scrivania e maledisse il giorno in cui era stato contagiato. Aveva fatto di tutto ma non poteva evitarlo, i morti viventi si sarebbe estinti: troppo stupidi e troppo lenti.
Si tolse il guanto alla mano destra e fissò dolentemente il pollice, l’unico dito superstite. Si umettò le labbra.
Fame.
Lo azzannò e lo triturò, placando parzialmente i crampi allo stomaco.

Stefano Camossi