Il tuo sangue s’insinua nei solchi dell’acciottolato come un esercito di vermi telecomandati. Il freddo pavimento del vicolo è un mare cremisi su cui galleggiano gli ultimi ricordi della tua vita.
La stretta di mano di Jorge, il Caposquadra, quando ti ha assunto come Pulitore.
Le lacrime della tua ragazza, che sognava una casa tutta vostra.
Il vicolo lungo e stretto dove stavi completando la tua prima Pulizia. La sequela di porte e finestre sprangate con assi di legno. Le facce stravolte che dai balconi ti osservano mentre, racchiuso nella tuta bianca di Pulitore, affronti la marea di frattaglie rossastre, arti strappati e cadaveri in improbabili posture.
Le preoccupazioni di Jorge. “State attenti! Soprattutto tu che sei nuovo. Prima hanno voluto gli zombi, poi non bastavano nemmeno quelli. Dicevano che erano troppo lenti e hanno fatto strani esperimenti. Sempre per il rischio, per quel cazzo d’adrenalina. Non so cosa ne è venuto fuori. Per cui occhio!”
Hai pensato che esagerasse mentre ti sei avvicinato al tronco maciullato di quello che probabilmente poche ore prima era un ragazzo. Lo spezzone dell’osso del collo sembrava l’incastro per la testa di un pupazzo. Niente testa niente pericolo, così ha suggerito l’istinto.
Il pezzo di cadavere si è girato su se stesso con la velocità del pensiero. Dalla carne è fuoriuscito un rantolo agghiacciante, mozziconi di dita hanno sferzato l’aria. L’unica mano integra ha frantumato lo scafandro, stracciato la tuta e con forza inaudita ha scavato dentro di te fino al cuore.
Le immagini svaporano nel cervello prima di essere inghiottite da un vortice nero. La tua testa si affloscia sul lastricato, umido e freddo, di un vicolo di Pamplona.