Bimba oscura

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2014 - edizione 13

«Amor vincit omnia».
Tante volte ti ho guardata negli occhi mentre pronunciavi queste rassicuranti parole, a garanzia che certe differenze non sono un reale problema.
So di amarti, come nessuna mai prima di te, bimba oscura che mi stai inginocchiata davanti, in fervente attesa del liquido amplesso. Ma una volontà condivisa, di dare e di ricevere un dono, non può cancellare l’onta dell’unione proibita.
Lascio cadere a terra, nera e leggera come il peccato, la serica tunica che mi ricopre, mostrando il fisico scultoreo a te conosciuto. «Non posso farlo», protesto in un ultimo ripensamento. «Perdonami, ma ho cambiato idea».
«Ricorda la tua promessa», ribatti con gelida determinazione. «Ormai è impossibile tornare indietro, meglio evitare falsi rimorsi di coscienza». Subito sento una mano impossessarsi della mia: vuoi smorzare il rimprovero, vincere la reticenza.

Scivolo in ginocchio con te, mia crisalide libera delle umane vestigia, all’interno del pentacolo. Rimaniamo in una blasfema adorazione reciproca: accetto la tua volontà, espressa con parole taglienti come la lama che mi porgi.
Recido le vene dei polsi e lascio scorrere il desiderato sangue lungo gli avambracci. Offro un copioso sacrificio per placare la tua smaniosa sete, un generoso nutrimento di fluida immortalità, da bere prima che le ferite si richiudano.
Poi, affondo le zanne nel tuo morbido collo, freno un orgasmico appetito appena prima di procurare una morte, anziché compiere una genesi. Con la luna piena unica testimone del nostro legame, condividiamo una scelta da inumani reietti.
Ora sei per me figlia di sangue, eterni ventenni cammineremo in mezzo ai mortali, e così completo il rituale: «Ti impongo il nome di Lilith».
Leggo nel tuo sguardo tutta la riconoscenza della richiesta esaudita: l’ultimo passo per allontanarti dalla luce è compiuto, ora l’oscurità ci unisce per sempre.
«Mors vincit omnia».

Gianluca Ingaramo