Nero

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2014 - edizione 13

Nero, graffiato... l’impronta sul piano di legno della cucina... si sentiva che l’aria era carica e pesante... faceva pensare al piombo.
Incredibile come riuscisse a pensare con tanta lentezza e lucidità ed a fissarsi su un unico particolare quando tutto il resto era sottosopra.
Cassetti, posate e stoviglie sparse ovunque, quasi fosse esplosa una bomba... deglutì a fatica, inumidendo la gola arsa dalla tensione, sudava tutto lungo la schiena e una forte nausea le attanagliava lo stomaco, così non resisté, si vomitò qualcosa di verde sui piedi legati con una corda stretta che le aveva ferito le caviglie fino a scoprire la carne... non gocciolava sangue... ma la corda stretta la rendeva rossa e sembrava tenera... quasi appetitosa... per lui che la guardava.
Si leccava le fauci sporche , quasi ragionasse, ma poteva?
Tutto quello che aveva letto sui Licantropi si riassumeva in una decina di Dylan Dog e in un paio di libri.

Era sporco di terra e sangue, la sua bocca era putrida e puzzava di morte... e aveva un non so ché di metallico ... dai denti luccicava qualche goccia di quello che sembrava sangue fresco.
Lo sapeva perché il suo muso le stava ad un centimetro dagli occhi; l’alito del Lupo Mannaro puzzava così tanto che stentò a resistere a vomitare ancora, ma aveva troppa paura.
Non lo sapeva cosa la potesse salvare. I supereroi non erano di sicuro nei paraggi e neanche i miracoli.
“Così muoio in una fottuta notte stellata, divorata da una creatura che credevo non potesse lontanamente esistere e invece si... tutto può succedere...”
L’intestino fumava ancora ed era caldo quando la polizia irruppe nella casa dalla porta sul retro.
Troppo tardi... arrivano sempre troppo tardi.

Martina Pelusio