Herbert, che aveva bocca buona per i liquori di marca e per le belle storie, sapeva come raccontartene una. Per Luca, che lo frequentava da un paio d'anni, stare ad ascoltarlo era ordinario processo di decomposizione, pura dipendenza.
«La sai quella dello scrittore in miseria?»
Herbert e le sue storiacce, ogni sera in un locale diverso, una sigaretta dietro l'altra.
«È la storia di un giovane scrittore che sposa l'amore della sua vita.»
Cazzate su cazzate per non guardarsi allo specchio, per non affrontare la realtà.
«Un giorno però alla mogliettina venne un ictus...»
La realtà che sua moglie, Letizia, era morta da tempo.
«Allora il giovane scrittore cadde in depressione e iniziò a bere, a fumare, a drogarsi...»
Ogni sera un bicchierino, una dose di anestetico per cervelli, una boccata di cancro.
«E un giorno pensò di farla finita...»
«Herbert», l'interruppe Luca, «Non mi piace questa storia.»
E lui: «Non vuoi sapere il finale?»
Herbert che lo portava nel retro del Borderline Pub, Herbert che gli iniettava una dose mortale di eroina.
«Non vuoi sapere», sentì sussurrarsi «Come andrà a finire?»
Queste stupide domande, queste stronzate da tossici.
E Luca: «So come andrà a finire.»
Herbert che se ne andava, Herbert che se ne tornava fra le pagine del romanzo che non aveva mai finito di scrivere.
La verità spiegata attraverso le sirene di un'ambulanza, la nenia di un altro tossico che continuava a chiedergli: «Se muori, posso prendermi le tue scarpe?»
L'ago piantato nel braccio.
«Non saprei», immaginò di rispondere. «I morti camminano?»
«I morti raccontano», rispose una voce femminile.
«Letizia?» chiamò Luca. «Sei tu? Sono morto?»
«Vieni», disse lei, prendendolo per mano. «Vediamo se sai ancora come si scrive un bel finale.»
Ed insieme volarono oltre il Borderline.