Lo guardo da lontano e sorrido. Lui non mi può vedere, non può sapere che lo sto osservando.
Scende dall'auto e si volta verso destra, verso la ragazza che sta uscendo dall'abitacolo in quel momento.
La guardo e il sorriso svanisce. Non è molto alta. I capelli sono scuri, di media lunghezza.
Indossa un trench che la fa sembrare la figlia di Colombo. Il tenente, ovviamente.
Lui è sempre perfetto, inutile dirlo.
Vorrei avvicinarmi, ma ho paura che mi sentano.
Resto nascosta dietro il muro finché li vedo scomparire, salendo le scale che portano all'ingresso del condominio.
Sento il tintinnio metallico delle chiavi, la serratura che scatta, lui che parla, lei che ride.
Mi muovo veloce. Li vedo salire per le scale interne ed entro, prima che la porta si chiuda con un tonfo.
Silenziosamente li seguo al piano di sopra. Sono entrati nel suo appartamento.
Ascolto attraverso la porta quello che si dicono.
Lui le racconta del suo ultimo viaggio, del lavoro, dei suoi studi.
Le chiede se preferisce bere un tè o un caffè.
Lei gli lascia la scelta. Non prende l'iniziativa, non si espone. A lui questo non piace. Sorrido.
Lui ride e le dice “Beh... Io voglio te...”. Cretino, sempre le solite battute.
Immagino la scena. Lei che sorride, lui che si avvicina, le mette la mano sul fianco, la attira a sé, la bacia. Poi finiscono in camera e la conclusione è ovvia.
Le stesse situazioni che ho vissuto io due anni fa.
Non posso permetterlo. Devo entrare. Non posso permettere che lui abbia un'altra donna.
Non è la prima volta che lo faccio. Dopo di me non ha avuto nessuna. L'ho sempre fermato prima.
Mi butto dall'altra parte, attraversando la porta, e li vedo. Credevo che fossero già in camera, credevo che li avrei trovati già nudi, avvinghiati, lui sopra di lei, con gli occhi chiusi, i muscoli tesi.
Sono sorpresa di trovarli in salotto, vestiti, abbracciati.
Lui le prende il viso tra le mani e la guarda. Sorride. Sembra felice.
“Sai, Alessia, è la prima volta che sto così bene da quando... beh... da quando Sabrina se n'è andata...”
“Sabrina? E' la tua ex?”
“Diciamo di sì. Uscivamo insieme. Ci siamo visti per un periodo. Sono passati due anni. E da quel giorno non ho più... beh... hai capito. Non sono più stato con una donna. Era come se qualcosa, qualcuno me lo impedisse. Magari eravamo già in camera, magari lo stavamo già facendo e, in qualche modo, venivamo interrotti. So che sembra assurdo, ma sembrava che ci fosse una presenza, sembrava che Simona fosse lì, sembrava che lei non volesse.”
Lei lo guarda, sconvolta, e lui continua.
“So che sembra assurdo, ti ripeto. Lei era gelosa, possessiva. Dopo l'incidente...”
“Incidente?”, lo interrompe lei.
“Sì. Avevamo litigato, quella sera. Volevo lasciarla. Non ce la facevo più a sopportare le sue paranoie, le sue manie. La litigata è stata piuttosto pesante. Le ho detto che era meglio non vederci più, che era meglio allontanarci. Le ho detto che non la amavo, che non l'avevo mai amata, che la nostra era stata sempre solo una storia di sesso. Lei era distrutta, era in lacrime. E' uscita sbattendo la porta e quella è l'ultima volta in cui l'ho vista.”
Lei si è allontanata, ha abbassato lo sguardo.
Un attimo di silenzio prima che lui riprenda a parlare.
“Non era vero. Io la amavo. La amavo con tutto me stesso. Avevo paura di dirlo, avevo paura di ammetterlo perfino a me stesso. La amavo, ma mi sentivo soffocare. Non volevo impegnarmi, non volevo perdere la mia libertà.”
Gli occhi gli si riempiono di lacrime.
“Lei... era in macchina... non... non ha rispettato uno stop... un camion... un tir... è stata colpa sua ma... l'ho saputo andando a bere il caffè il giorno dopo... era... hanno fatto fatica a tirarla fuori dall'auto...”
Se potessi piangere lo farei. Mi ricordo tutto, nei particolari.
Mi ricordo le sue parole, mi ricordo come mi sono sentita, mi ricordo la sensazione di vuoto quando mi ha detto che non mi amava.
Ricordo la corsa in macchina, ricordo lo schianto. Ricordo di non aver frenato. Volevo morire.
Non ho sentito niente. Nell'attimo in cui ho riaperto gli occhi mi sono vista lì, dentro alla macchina, con un sacco di persone intorno. Vigili del fuoco, poliziotti, medici.
“Cavolo. Mi... mi dispiace. Io... non sapevo che lei fosse... io credevo che vi foste lasciati e basta. Credevo che... quando hai detto che se n'era andata pensavo che intendessi...”, dice lei.
Si avvicina e lo abbraccia.
“Tranquilla, non potevi saperlo. Non potevi.”
Lei lo accarezza, gli asciuga le lacrime con la mano, lo bacia con una dolcezza infinita.
Sono così belli insieme, sono così dolci.
Sono come eravamo noi all'inizio, come non eravamo quella sera, quell'ultima sera.
Mi avvicino. Lui se ne accorge, spinge via la ragazza.
“Eccola. E' qui, di nuovo. E' tornata per distruggere anche questo...”, dice.
Io lo accarezzo, gli prendo la mano. Toccarlo mi fa ancora venire i brividi.
“Sabrina, so che sei qui. Io... scusami. Mi dispiace. Non te l'ho mai detto in questi due anni. Sapevo che c'eri, sapevo che ogni volta eri qui a fermarmi, sapevo che c'eri tu dietro tutto quello che succedeva. Mi dispiace. E' stata tutta colpa mia. Sei morta per colpa mia!”
Mi avvicino e gli sussurro all'orecchio le uniche due parole che mi vengono in mente.
“Oh, Sabri... Ti amo anche io. Ti ho sempre amata e ti amerò per sempre. Non doveva finire così...”
Alessia si è seduta sul divano e ci guarda, lo guarda, con aria confusa.
“Claudio... Stai... Stai parlando con... con la tua ragazza morta?”
Claudio non la ascolta. Mi guarda, anche se non mi vede.
“Claudio, è il momento. Ho capito che devo lasciarti andare. Ma fammi una promessa. Vivi anche per me, ama anche per me. Provaci, almeno.”, gli dico io, appoggiandogli la mano destra sul petto.
Lui sorride. “Lo farò. Te lo prometto.”, mi risponde.
Sorrido, serena.
“Addio, amore mio.”, gli dico mentre mi avvicino per dargli un ultimo bacio.
Mi volto e vado verso la porta. Vedo Alessia che si alza dal divano e lo guarda con aria interrogativa.
“E'... è ancora qui?”, gli chiede.
“No. Non più. E non tornerà. Credo che abbia visto qualcosa in te, in noi... qualcosa che le ha fatto decidere di andare avanti, di far andare avanti me.”
Già. Ho visto qualcosa. Qualcosa in quegli sguardi, in quelle carezze, nel modo in cui si baciavano.
Ho visto l'amore, ho visto quello che avevamo noi, quello che io avevo riconosciuto e che lui non aveva voluto accettare.
Non potevo permettergli di perdere un'altra occasione di essere felice.
Non potevo permettergli di perdere di nuovo l'amore.
Li guardo abbracciarsi e sorrido, felice.
Esco dalla porta e seguo la luce.