E' una fredda notte di dicembre, siamo in aperta campagna. Intorno a noi, il buio assoluto è illuminato soltanto da un rogo: si tratta di una notte senza luna né stelle, ma anche senza pioggia né neve. Anonima, priva o privata di tutto, in questo così simile alla mia condizione. E’ capodanno e gli altri festeggiano. Invece io ho ammucchiato rami secchi, sterpaglie e rifiuti vari trovati lì vicino. In circostanze diverse, avrei provato irritazione per l’inciviltà della gente, ma adesso il gelo si è impadronito dei miei pensieri. Come un’invisibile linea di confine, ha diviso la quotidianità del prima da questo dopo in cui nessuno spazio è lasciato ai sentimenti. Tutto mi è indifferente.
E’ un gelo artico e assoluto, nel quale la vita non può trovare conforto alcuno dal calore di un fuoco, seppure così vicino e così umano. Ma prima ho parlato di un noi... e mi accorgo adesso di non avere introdotto in modo adeguato l’argomento. Occorre fare una regressione per comprendere.
Ci sono momenti della vita in cui la ruota del destino si trova nel punto più basso, se per semplicità vogliamo definire la vita con questa metafora. Dopo, inevitabilmente, si può soltanto iniziare a risalire. Capita però che il perno sul quale gira la ruota si spezzi. E’ il momento in cui tutto cade a scatafascio, e la disperazione ti porta lungo vie che mai avresti immaginato di voler percorrere: questo perché la ruota è fuori dal suo asse, quindi le è impossibile continuare a girare. In quel momento, il mondo stesso ti crolla addosso, ma tu sei soltanto l’anello debole di una catena spezzata e non riesci a sostenerne il peso. Con le tue sole forze è impossibile venirne fuori, allora invochi un aiuto esterno, cercandolo dapprima tra i tuoi simili... e poi, incompreso, continui la ricerca anche altrove.
Primo passo: infestazione. Quando dall’alto nessuno mi ha ascoltato, ho rivolto lo sguardo verso il basso. E ho trovato una presenza amica, qualcuno che mi poteva consigliare, una saggia guida con la quale proseguire volentieri questa nuova forma di interazione. Una voce interiore che mi rassicurava. “Tranquillo, ci sono io”, sussurrava quando io avrei voluto urlare. “Segui i miei consigli”, aggiungeva inducendomi alla calma quando avrei voluto distruggere tutto.
Secondo passo: oppressione. Mi sentivo stanco e svuotato. Non riuscivo più a dormire, non avevo appetito, nulla riusciva più a destare il mio interesse. Ormai perfino la mia nuova voce interiore sembrava meno benevola, ma forse realista al limite dell’impertinenza. “Il mondo per te non ha più significato”, diceva esortandomi infine a farla finita. “Il mondo non ti merita”, aggiungeva per indurmi in tentazione mentre cercava di prendere il controllo.
Terzo passo: possessione. Avevo perso il controllo del mio corpo e dei miei sentimenti. Nel mio corpo albergavano ormai due entità distinte, il mio io era diventato un noi, dove la nuova metà era sempre più forte e dominante. Se prima continuava a parlarmi in ogni momento, ora aveva decisamente preso il sopravvento, potendo sottomettermi con sconcertante naturalezza e senza più alcun bisogno delle parole. Avvertivo la presenza del demone celato dietro a quella voce mentre ammucchiavo rami secchi, sterpaglie e rifiuti, mentre preparavo il rogo, mentre il senso di gelo si era completamente impadronito di me, risucchiando prima la parte migliore e poi tutto il resto.
Scopro ora di aver avanzato realmente e non solo idealmente di tre passi. Già il fuoco consuma le mie carni. Brucio, eppure non sento così tanto dolore... almeno non come prima, quando è stata invece la mia anima a consumarsi. Dal demone, di cui adesso sono soltanto più uno strumento, traggo insospettabile conforto. Il senso di gelo finalmente sparisce, perché ora si torna a casa... alla nostra ultima e accogliente dimora.
Si sentono i primi botti. E’ appena scoccata la mezzanotte. Gli altri, quelli che si definiscono persone normali, hanno buttato qualcosa di vecchio dalla finestra. Invece io ho buttato la mia stessa vita: forse mai nessuno ha osato tanto, penso sorridendo. Eppure, assurdamente, sono davvero felice così... perché in fondo non è una grave perdita.
Mi spengo serenamente tra i mille tormenti delle fiamme: a capodanno finalmente trovo la pace.