Dopo trentadue assalti, venticinque occupazioni e centinaia di cadaveri che mi hanno circondato negli ultimi anni di vita, posso affermare di avere perso la voglia di vedere altre albe. Io Abel Yandoupou, tenente della guerriglia Seleka, militare di un corpo rivoluzionario islamico, penso da tempo che mi meriti una lunga vacanza fuori dall’Africa. La Repubblica Centrafricana è stata presa, inutilmente, è stato versato tanto di quel sangue da colorare la terra africana di un rosso ancora più intenso di quanto già lo fosse. Abbiamo trucidato migliaia di anti-balakas, di miliziani popolari animisti e cristiani che combattevano con croci e amuleti con sacchi pieni di terra, sangue, saliva ed erbe. Usavano i Gris-gris, stupide protezioni contro malocchi. Non li hanno salvati da noi, abbiamo vinto, abbiamo il paese in mano. Anche se ci serve veramente a poco.
Le Nazioni Unite, la combriccola mossa da bianchi moralisti e benpensanti ci ha creato problemi con vari reparti militari misti. Dicono di non volere la guerra, quando sono loro a provocarla.
Nella Repubblica Centrafricana sono state stuprate migliaia di donne, torturati in maniera brutale altre migliaia di persone. Fuori dal territorio lo sanno in pochi cosa è avvenuto, compreso i bianchi. L’importante è che la guerra sia lontana da loro.
Francia e Sudafrica ci vogliono strappare la nostra unica ricchezza, i diamanti, e la Cina sta sempre in mezzo, a fornire armi in cambio di materie prime.
Noi siamo una minaccia per l’Occidente, siamo il Seleka, una cellula integralista islamica, mossa e sovvenzionata da Al-Qaeda.
A volte penso perché non ho seguito mio fratello, potevo andare in Francia, a Parigi dove vive da francese sposato con una donna bianca e grassa. Forse avrei vissuto in modo decente, sicuramente non avrei visto questo schifo.
Sono un negro e sono campato anche abbastanza per potere ancora parlare, devo ringraziare Allah per questo.
Il paese è stremato, su di me pesano le centinaia di esecuzioni, migliaia di bambini senza genitori e altrettanti padri e madri senza più figli. Tutto questo per che cosa, per nulla, per nemmeno una manciata di mosche. Vorrei sapere chi ha inventato la guerra, probabilmente qualche bianco annoiato.
La cosa peggiore di questo caos, la più pericolosa, è rinchiusa in una cella a meno di cinquanta metri da me. Si chiama Mamadou Démafouth, uno sciamano molto potente, detto anche François Bokassa. Uno dei tanti figli illegittimi di Bokassa, di quel dittatore che quasi quarant’anni si è autoincoronato re dell’Impero Centrafricano. Dal sanguinario Bokassa che mangiava carne umana, che assisteva lui stesso alle torture di chiunque osasse opporsi. Il Bokassa che chiamava papà De Gaulle, che come il suo idolo Napoleone si autoincoronò re di uno stato.
Neanche lui è durato tanto.
Proprio come il padre lo sciamano ha un carisma e una megalomania spiccata quanto sfrontata. Dice che da solo è in grado di annientarci, che noi tutti saremmo tra poco tempo cibo per vermi. Lui è creduto e temuto, e dopo averlo visto e udito una marea di storie su di sé anche io non me la sento di torturarlo.
Tre giorni fa, nel cuore della notte un rumore forte proveniva dalla sua cella. La guardia disse che recitava un soliloquio in una lingua antica e incomprensibile. Si sono materializzati centinaia di soldati di terra e sono usciti dal palazzo, senza che nessuno sia riuscito a colpirli. Sta creando un esercito e aspetta che lo uccidiamo, quando morirà il suo spirito si incarnerà in ogni corpo da lui creato e ci annienterà senza pietà.
Il Seleka lo teme, c’è stata quasi un insubordinazione di massa, lo volevano liberare.
L’ultima volta che un soldato lo ha insultato è stato trovato morto sgozzato mentre faceva la guardia.
Chi poteva essere stato? Stiamo lontani da ogni villaggio anti-balakas!
Ucciso in un lampo nel bel mezzo del salone centrale, sotto lo sguardo ancora incredulo e provato di altri dieci soldati.
Solamente il caporale Griol può avvicinarsi, François Bokassa dice che lui è suo fratello, figlio dello stesso padre e madre diversa. Solo lui gli da il rancio, e ci racconta di pratiche occulte che svolge continuamente nella cella. Delle imprecazioni che compie con voce rauca e rabbiosa, tenendo ben stretto nelle mani pezzi di scheletro di scimmie. Andava avanti così per giorni. Il rapporto di quello che successe non fu nemmeno stilato, troppo difficile da spiegare.
Nell’aria questa notte c’è una raggelante aria di sfida, che ti penetra le ossa, sotto un manto illune e raccapricciante.
La milizia è bloccata, i soldati tentano di schiaffeggiarsi accertandosi di essere svegli. Sì c’è un numero indefinito di sagome di terra in piedi, una spaventosa massa che sembra occupare l’intero mondo e non fermarsi nemmeno oltre l’orizzonte.
Siamo circondati.
Scesi davanti alla gabbia dello sciamano, era morto. Gli occhi spalancati parvero fissarmi in maniera assente, dalla bocca aperta colava una bava bianca. Un brivido mi percorse la schiena. François Bokassa qualche giorno prima ci aveva fatto combattere contro un esercito di morti viventi e ora... ora... era segnata la nostra fine.
Milioni di pezzi di terra assemblati dalla rossa terra africana marciavano determinati contro noi. Guardavo steso sul pavimento François, come suo padre avrebbe terminato altre vite, come noi, come chi c’era prima e ci sarà dopo.
Questa è Africa.
Adesso il mio pensiero va a mio fratello Cheik, il parigino. Avrei voluto seguirti dieci anni fa, ora è troppo tardi. Il mio spirito salirà sulla culla celeste di Allah, raggiungerò l’apice del tutto e dell’universo. Ma prima sarò terminato, ucciso dalla terra impregnata di sangue, animata dall’erede di un pazzo sanguinario.
Sarò reclamato dalla vestigia da un eco proveniente da un regno oscuro, che anno dopo anno cambia, ma non svanisce mai.