Ricordo il botto. Un clangore metallico, poi la carambola: l’auto uscì di strada e si ribaltò un numero infinito di volte prima del buio.
Quando riaprii gli occhi, vidi l’alba. Capovolta, ma ugualmente meravigliosa.
E fu allora, che nel sole nascente si mostrò quella cosa. Un ammasso indefinito del quale potevo solo distinguere il volto informe, spaventoso. Mi fissava attraverso quel che rimaneva del parabrezza sfondato.
Per sfuggire alla sua orrenda vista guardai di lato e mi accorsi che la mia ragazza aveva un frammento di specchio conficcato nel cranio.
Lo scoprii così che il mostro ero io.