Il vecchio del campo

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2014 - edizione 6

Martina ci sorprese quando scese dalla bicicletta e con consumata abilità risollevò la catena della bici di Adriano. Era l'unica ragazza del gruppo, ma non ce lo faceva pesare in alcun modo.
Si va? chiese offrendo i tratti efebici del suo volto al sole che stava grattando la schiena alle spianate di grano che ci circondavano in ogni direzione.
Annuii senza risponderle, infilando la mia Graziella contro una rientranza celata nel muretto a secco che delimitava lo sterrato dal coltivato. Adriano e Luca mi imitarono, Martina chiuse quella catena di S. Antonio di telai e corone con la sua bici a scatto fisso invidiata da tutti noi.
Sgusciammo preceduti dalle nostre ombre allungate contro il terreno accidentato.
Marco, sei sicuro che questa notte verrà? Mi chiese Martina senza voltarsi e guidando lo sparuto gruppetto attraverso una scia di profumi alimentata dall'odore penetrante del nostro sudore.
Deve. Il Vecchio del Campo non manca mai il rito annuale del sacrificio - le risposi con la voce impastata e deglutendo l'aria fredda e orfana degli ultimi raggi di sole.
L'hai portata? Le chiese Luca subito dietro. Io chiudevo il gruppetto, preceduto da Adriano, di cui potevo percepire il respiro serrato nella morsa della paura.
Si voltò e senza dire una parola inondò l'aria con la luce del flash della macchina fotografica. Rise forte e ricominciò a guidarci attraverso quella giungla di steli illuminata dai primi barbagli di luce lunare.

Strappai quattro fili d'erba dal terreno e li serrai a pugno contro la mano che offrii a turno agli altri.
Allora ok? chi pesca il più corto è volontario. Gli altri assistono e al momento opportuno, flash. Bastano due scatti per stordirlo. Poi basta seppellirlo e il gioco è fatto - dissi sicuro osservando i miei compagni disposti a semicerchio.
No, ci ho ripensato. Se poi non è vero che bastano due foto per stordirlo? Magari è solo una leggenda, come i proiettili d'argento per i lupi mannari - rispose Adriano provato nel volto scolpito dalla luce che filtrava in volute argentate illuminandoci come fossimo i suoi amanti migliori.
È tardi - ribattei ghignando e offrendogli la mano sigillata.
Pescò lui il filo più corto.

 

Non ti preoccupare - lo incoraggiai spingendolo verso una spianata contornata da spighe calpestate.
Rimanemmo in silenzio nascosti fra i filari a osservarlo tremare contro il vento tagliente. Martina stringeva la macchina fra le mani, pronta a immortalare la bestia, qualunque forma o sostanza essa avesse.
Il vento si alzò di colpo e un'ombra gigantesca invase il campo e oscurò il disco lunare, seguita da un rantolo avvinghiato in raffiche gelate. Martina fece per scattare, ma io la bloccai ostruendo con la mano il teleobiettivo. Capì, al pari degli altri, e l’abbassò. Lo osservammo cibarsi del nostro amico, certi di non poter essere noi a decidere della vita di un demone. Ci guardò e mi sentii mancare. Ululò e si dileguò nella notte. Ci aveva ringraziati.

Davide Cadò