«Principe delle tenebre, Signore di questo mondo...» mormoro mentre avanzo strascicando.
Lo sgherro strattona la catena che mi stringe i polsi. «Taci, cagna, meretrice del demonio!» intima con disprezzo.
Una fitta lancinante mi toglie il respiro. Non posso perdere i sensi: devo rimanere lucida fino alla fine.
Digrigno i denti e lo fisso. «Serpente antico, Angelo della superbia, la tua fedele seguace t’invoca...» gli sibilo in faccia.
«Pentiti, figlia di Satana, abiura il maligno e implora la misericordia di Dio...» tuona un’altra voce.
Tra le lacrime e il sangue che mi offuscano la vista, distinguo il volto congestionato del gesuita. Osceno carnefice nel nome del suo... non riesco nemmeno a pensarla “quella” parola. Serra con entrambe le mani una croce di ferro e la brandisce contro di me. Vacillo come se mi avesse schiaffeggiato, ma non abbasso la testa.
I nostri occhi s’incontrano. Odio, nei suoi, e anche terrore. Il grande inquisitore mi teme ancora. Mi ha tolto la libertà, ha annientato la mia dignità, ha violato la donna, ma sa che non potrà mai domare la strega. A piedi nudi, col corpo ridotto a un ammasso di piaghe e coperto di stracci, le mani legate e la testa rasata, rappresento sempre la sua peggiore nemica, l’erba malefica da estirpare e gettare nel fuoco.
Per un istante penso che... no, scaccio subito l’idea. Sarebbe la più perfida delle vendette, ma voglio qualcosa di meglio. Questo laido figuro è già condannato al fuoco eterno, non renderebbe onore al patto. Il mio Signore e Padrone ha accolto la supplica della sua figlia prediletta, ma è molto alto il prezzo che pretende in cambio.
Mi rimane pochissimo tempo, non posso fallire. Cerco tra la folla, assiepata ai lati della catasta di legna e paglia impregnate di pece. La vedo: poco più di una bambina, sicuramente vergine, bellissima. È lei, che voglio! Con la forza della disperazione, tendo la corda che mi trascina e mi fermo davanti alla fanciulla; lei abbassa lo sguardo, turbata.
«Guardami...» sussurro col tono di un serpente ammaliatore. Non può fare nient’altro che ubbidire: sono stremata dalle torture, ma il mio potere è ancora temibile. Catturo i suoi occhi e sprofondo nell’azzurro delle iridi, fino all’anima, trasparente come il cristallo. Solo un attimo, poi lo sgherro tira la catena.
«Bruciate la strega!» grida la folla, eccitata alla vista della sciagurata legata al palo, in cima alla pira.
Qualcuno avvicina una torcia e le fiamme divampano subito, altissime.
Vedo quello che è stato il mio corpo contorcersi fra gli spasimi, dilaniato dal fuoco; sento urlare, per la straziante agonia, quella che un tempo era la mia voce. Respiro con voluttà l’odore nauseabondo della carne arsa.
Esulto di gioia: sono viva! Ho rispettato il patto e l’oscuro Signore mi ha ricompensato con un corpo giovane, dalle forme voluttuose com’era il mio prima delle sevizie, per godere di nuovo, e a lungo, dei piaceri terreni. Il corpo strappato a un’anima innocente. Proprio quella che desiderava il mio Padrone.