Sono in macchina fuori da casa sua. Da qualche minuto è passata la mezzanotte.
Dall'autoradio gli Iron Maiden mi raccontano di un uomo che cammina da solo, di notte ed ha paura del buio. Lo vedo venire verso l'auto. Chissà se lui ha paura.
“... I have a phobia that someone's always there...” Spengo la radio. Esco dall'abitacolo.
Ci salutiamo e facciamo due passi, verso il giardino di casa sua. Iniziamo a parlare e ci sediamo su un muretto.
Nella mia mente immagini confuse. Lui non sa cos'ho intenzione di fare. Sarà il primo, ma di certo non l'ultimo. In borsa ho tutto l'occorrente.
Parliamo un paio d'ore, di tutto quello che ci viene in mente. E' intelligente. E' una persona piacevole. Cita Nietzsche, Freud... E' giovane, ma è quello giusto, per iniziare.
Ormai non c'è più anima viva in zona. Sono tutti andati a dormire. Lui sta camminando nervosamente avanti e indietro. Credo si immagini un finale diverso.
Mi dà le spalle. Metto i guanti e lo colpisco una prima volta. Cade a terra. Lo colpisco più forte, sulla testa. Sento il cranio che cede sotto la forza dei colpi. E' una sensazione meravigliosa. Sento di avere un potere immenso. Mi sento Dio. Tiro fuori dalla borsa la sega. Gli taglio la mano destra.
Non credo davvero che fosse il finale che si aspettava. Sono stanca. Mi tolgo i guanti, raccolgo la mano e le eventuali prove. Torno in macchina e riaccendo la radio.
“... When I'm walking a dark road, I'm a man who walks alone...”
Ora sono chiusa in camera a pensare. Sto studiando tutto nei particolari.
Dev'essere tutto perfetto. Tutto.
E più rapido, senza dubbio. Non posso perdere ore a parlare. Devo agire.
Dal computer la voce di James LaBrie canta parole che mi strappano un sorriso.
“You can't imagine the hell I'm going through
Not asking you to save me, I'm too far from Heaven”
Ho già deciso chi sarà il prossimo. Ho già deciso che lo farò stasera.
Guardo il display del telefono. Una chiamata senza risposta e un messaggio.
Bene. E' confermato per stasera. Lui pensa, come tutti, ad un finale diverso.
E' quello che lascio credere, ogni volta.
Ci vedremo alle 23 a casa sua. Orario strano per fare quello che devo. E' presto.
Stavolta mi sono organizzata in anticipo. Per fare tutto più rapidamente stanotte, lo sto studiando e frequentando da un po'. Conosco le sue abitudini, i suoi gusti. So cosa dire, cosa fare. Sarà più facile.
Preparo la borsa con tutto l'occorrente.
Manca solo un particolare: devo decidere cosa voglio tenere.
Sento che sto diventando più esigente, sento che non posso accontentarmi.
Voglio rischiare. Voglio fare qualcosa che non ho mai fatto. Voglio osare.
Mi piacciono i suoi occhi scuri...
Sono appena scesa dall'auto e mi sto avvicinando all'edificio.
Suono il campanello e sento il portone d'ingresso che si apre.
Salgo le scale. Lo vedo spuntare da dietro la porta.
Mi fa entrare e mi offre un caffè. Non bevo mai caffè di sera, ma lo accetto comunque.
Lo guardo e provo una sensazione strana. E' la prima volta che mi sento così.
Mi sorride e mette un po' di musica.
Si avvicina. Mi sento in trappola. Indietreggio il più possibile, fino a ritrovarmi quasi seduta sul tavolo.
Sento il suo respiro, sento il suo odore. Sento le sue mani su di me.
Il mio istinto primordiale mi suggerisce di ricambiare le sue carezze.
I vestiti ora sono sul pavimento. Siamo nudi.
Lo sento entrare prepotentemente dentro di me.
Sento i suoi muscoli tesi, sento la sua pelle, sento il suo calore.
La sua bocca, la mia. La sua lingua, la mia. Le sue mani, le mie.
Ora è tutto finito. Non doveva andare così. I miei pensieri di morte sono svaniti.
Siamo stesi sul divano, abbracciati. Mi accarezza, io accarezzo lui.
Non dev'essere lui il prossimo. Non deve morire.
Nell'aria le parole di una canzone,
“Let me love you too, Let me love you to death”.
Ironia della sorte. Ironia della morte.
Adesso c'è lui, tutto il resto non ha senso.
Ogni volta che lo vedo mi sento rinascere, mi sento bene.
Non mi era mai successo prima.
Ogni bacio è una nuova esperienza, ogni parola è una nuova consapevolezza.
Ogni giorno è una nuova sfida: una sfida a me stessa, a quello che sono, a quello che ero, al demone che c'è dentro di me.
L'amore sconfigge la morte. La luce sconfigge l'oscurità. Il bene sconfigge il male.
Sono stati i suoi occhi, quegli occhi che volevo diventassero miei.
Sono stati i suoi occhi a farmi perdere, a farmi rinascere, a farmi innamorare.
“Looking down into those eyes,
I know, I'll be lost and never found again”.
Cantano gli Hammerfall, ed io canto con loro. Canto il mio amore per lui.
“I was the brooding night and you were dawn
Saving me, for I was forlorn,
in your light I am reborn”.
Mi sento una persona nuova. Mi sento bene.
Da qualche giorno non ci vediamo. Sono nervosa. Non so cosa pensare.
Lui è più freddo, scostante.
Io sto tornando ad avere pensieri di morte.
Mi sto guardando intorno per trovare una nuova vittima sacrificale.
Gli chiedo cos'è successo. Mi fa capire che le cose sono cambiate.
Ho capito che ha trovato un'altra.
In me sale la rabbia. Io salgo in macchina.
Sono davanti a casa sua, con la mia borsa.
Suono, gli dico che voglio parlare. Mi apre.
Sorride, lo stronzo. Sorride e non sa che io ho capito tutto.
Si gira per mettere a bollire l'acqua per il tè ed io lo colpisco forte sulla testa.
Barcolla. Lo colpisco ancora. Si volta e vedo il suo sguardo confuso spegnersi.
Le palpebre si chiudono e lui cade, battendo la nuca sul ripiano della cucina.
Gli salgo sopra e lo colpisco. Lo colpisco con odio, con la rabbia dell'amore tradito, con la rabbia dell'amore sconfitto.
Non respira. A fatica riesco a portargli via quello che volevo, quegli occhi scuri. Esco.
Salgo in macchina e accendo la radio. Sono pronta a ripartire, a ricominciare.
“I take lives and show all no mercy this night
Attack those not knowing my force”
La morte vince su tutto. L'oscurità è l'unica soluzione.
Mi appare in sogno e mi parla. Mi dice che mi amava e che non capisce.
Mi parla dei suoi progetti per noi, delle sue idee.
Apro gli occhi e sento una lacrima che mi scende lungo la guancia.
Non posso piangere. Non ho mai pianto per nessuno.
Devo concentrarmi sulla mia nuova vittima.
Stavolta l'ho portato da me. L'ho chiuso in cantina.
Di lui voglio un dito, uno solo. L'anulare sinistro. Sarà il mio sposo nella morte.
Con lui finirà tutto.
L'ho scelto accuratamente. Gli assomiglia molto. So che non è lui, ma mi accontenterò.
Entro nella stanza e lo sento respirare. Ha paura.
Mentre mi avvicino accendo il lettore MP3 per non sentire i suoi mugugni, i suoi rantoli.
Chiudo gli occhi e ascolto la musica.
Una lacrima scende quando James Hetfield inizia a cantare.
“So close, no matter how far
couldn't be much more from the heart
forever trusting who we are
and nothing else matters”.
Gli infilo la fede al dito e gli taglio la gola.
Mi infilo la fede al dito e spingo il coltello nella mia carne, all'altezza dello stomaco.
Muoio.