Belle statuine

2° classificato al concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2013 - edizione 12

«Un, due, tre, stella!»
Mi blocco, lo sguardo fisso sul grosso sasso acuminato ai miei piedi. Salvo anche stavolta. Marco, invece, non ce l’ha fatta. Lo intravedo con la coda dell’occhio, alla mia destra. È fuori dai giochi ancor prima che lei urli il suo nome.
«Marco, ti ho preso.» lo condanna con la sua voce stridula di gioia. Marco non risponde. Ha già parlato prima, scegliendo le parole sbagliate. E ora non ne ha più.

 

«Posso giocare con voi?» aveva chiesto lei timida. Era piccola, così buffa nello scialle che le copriva la testa.
«Certo. Però tocca a te stare sotto.» l’aveva schernita proprio Marco «Ultima arrivata, mal accontentata.»
Direi che Marco si sia pentito di quella sua piccola prepotenza. L’espressione scolpita sulla sua faccia è eloquente. La stessa di quando lei si è tolta il velo, rivelando la sua chioma.

«Un altro giro.» ci incalza. Poi si volta, coprendosi la faccia con le mani. Inutile. So che ci vede benissimo, anche se ci da le spalle. Ha mille occhi, dopotutto.
«Un...»
Muovo un passo avanti, oltre il masso. Il fruscio della sua chioma mi raggela.
«... due...»
Mi chino, raccogliendo la pietra celata dal piede. Il sibilo si fa minaccioso. Mi ha visto?
«... tre...»
Mi drizzo, nascondendo la mano armata dietro la schiena. Chiudo gli occhi. Silenzio. Bene.
«... stella!»
Immobile. Una statua. Eppure non lo sono. Non come Sara, di pietra al pari del sasso che ho in mano.

 

Ancora dieci passi e le sarò addosso. Solleverò la pietra sopra la sua testa, poi calerò il colpo fatale. Chissà se quelle serpi la difenderanno.
Dieci passi: non sono pochi a questo gioco, e il sasso pesa, scivolando nella mia mano sudata. Lo stringo fino a farmi male: sono vivo, sono ancora in partita.
La conta ricomincia.
«Un...»

Matteo Pisaneschi