Zia Agnese morì in quella villa. Sua figlia Melissa l’aveva ereditata dal suo ex marito, morto in un incidente. La sera in cui Melissa organizzò la seduta per stabilire un contatto con la defunta madre, diede una cena proprio lì. Oltre a me e a due nostre zie, invitò donna Arianna, una signora anziana dall’aspetto elegante. “Un’eccellente medium”, dicevano.
La seduta iniziò dopo cena. Formammo la catena attorno a un tavolo da gioco. La medium iniziò ad evocare lo spirito di zia Agnese, ordinandogli con voce ferma di rispondere alle sue domande. Il tavolo si mosse; uno sbalzo elettrico e le luci nella stanza persero intensità; sentii freddo. La Morte sedeva lì con noi.
La spiritista spalancò gli occhi. Bianchissimi, luminosi. Disse qualcosa, ma dalla sua bocca non veniva fuori la voce di zia Agnese. Udimmo una voce da uomo con un inquietante riverbero. Antonio, defunto marito di Melissa, era tornato a casa. L’anziana, in trance, muoveva le labbra:
«Melissa», rise, «hai già raccontato del mio “incidente”? Racconta, piuttosto, di come tu e il tuo amante mi avete fatto fuori. Assassini!».
Melissa impallidì. Lasciò il tavolo rompendo la catena, ma lo spettro non abbandonava donna Arianna, che seguiva Melissa con le braccia tese:
«Lasciati stringere, piccola!», ghignava.
Melissa estrasse un coltello dal cassetto in cui conservava delle posate preziose. Lo faceva sibilare nell’aria per allontanare la vecchia che continuava a seguirla. La lama aprì un osceno sorriso sul collo della medium.
Sangue scuro le colava sull’elegantissimo abito avorio. Camminava ancora. Le sue mani ossute raggiunsero il collo di Melissa che strabuzzava gli occhi. Guance rigate da lacrime nere. La strangolò.
Caddero a terra insieme. Vicine, senza vita. Quando lo spirito di Antonio lasciò il corpo della sensitiva, un vento gelido soffiò nella stanza. Durò giusto il tempo di un sospiro.