Le scale che portavano in cantina erano per lui il peggior incubo possibile. Il quel condominio anni sessanta solo gli adulti avevano il coraggio di scendere quelle scale. Mai un bambino avrebbe avuto il coraggio di avventurarsi in quel pozzo di tenebre.
Lui non era un bambino come tutti gli altri, e se gli vietavano di fare una cosa Mario la faceva.
Dopo pochi gradini il buio lo inghiottì. Le luci non avevano mai funzionato forse per rendere quel luogo inaccessibile ai bambini. I gradini sfiorati erano l’unico contatto con una realtà che andava svanendo durante la discesa.
I suoi occhi si abituarono alle lame di luce che le bocche di lupo lasciavano passare. Una fila di porte di legno scheletriche si protendeva su un lungo corridoio come denti marci di una vecchia dentiera.
Dalle fessure di quella dentiera Mario intravide quello che mai si sarebbe aspettato.
Bambini. Cadaveri di bambini. Non bambini qualsiasi ma tutti i suoi compagni di classe. Vestiti come li aveva sempre visti lui. Le femmine con il grembiulino bianco e i maschi azzurri.
Cadaveri con gli occhi sbarrati che trafiggevano Mario in modo interrogativo.
Arrivò alla fine del corridoio e si rese conto che non mancava proprio nessuno dei suoi compagni di classe.
- Mario sveglia che fai tardi a scuola come al solito.
Sudato come per una finale olimpica e incalzato da sua madre Mario si svegliò di soprassalto. Un brutto incubo. S'incamminò svogliatamente come tutte le mattina verso la scuola con impresso ancora nella mente il viso dei compagni morti.
Arrivò come il solito in ritardo. La porta dell’aula era già chiusa e timidamente busso.
Avanti - disse la maestra.
Mario entrò e l’unico essere umano in quell’aula era la maestra.
Nato a Imola il 21/02/1957 lavoro a Parma in una azienda meccanica e appena posso vado a Santa Maria di Leuca in vacanza. Il resto del tempo lo passo a viaggiare e a leggere.