Spettacolo da prima serata

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2013 - edizione 12

La manica della giacca era ancora soffice come il giorno di tramontana in cui l'aveva comprata, faceva freddo e lei gli aveva sorriso: lui aveva deciso che quella poteva essere la felicità.
Un semplice binomio, sorriso felicità. Ma a lei evidentemente non era bastato; non che fosse un problema, lui non era uno sprovveduto ma un ingegnere dalle mente tremendamente calcolatrice. Il mondo era così, una serie di cause che provocano degli effetti, lui poteva stimare e correggere il tiro. Adesso avrebbe corretto il suo tiro, l'ultimo grande tiro.
Era caldo mentre la spiava. Non c'era onore, solo gemiti.
Le lenzuola si contorcevano, Gaia lo stava deludendo inconsapevole e lui ammirava lo spettacolo della prima serata. Quando le aveva mentito lasciandole l'appartamento libero lei aveva ammiccato, fingendo noia... ma non era noia, entusiasmo forse, allegria, persino emozione. Non certo noia.

Adesso erano tutti lì: lui chiuso nell'armadio, la moglie nel letto con un altro e l'altro che godeva come un maiale ignaro dell'ingrato destino che lo attendeva.
Chissà se per una scopata ne valeva la pena, pensò lui divertito mentre avvitava la canna del silenziatore.
Un urlo soffocato gli fece cadere la canna dalle mani, un brivido corse lungo la schiena; i suoi occhi si fissarono sul letto dal color vermiglio, dove una pozza si allargava inesorabile. Poi sentì qualcosa, come labbra che succhiavano, degustando piccoli sorsi di un vino leggermente amaro e inebriante.
Le lenzuola si sollevarono, unghie affilate tagliarono via il tessuto, un pallido fantasma tinto di sangue si passò mano e avambraccio sulla bocca spalancata che ancora gocciolava; quindi si allungò verso il comodino, afferrò il cellulare e compose un numero...
Lui scoprì di non avere tolto la suoneria.
Lei gettò a terra il telefono poi si voltò verso l'armadio.
"Amore dobbiamo parlare".

Giordano Bartalucci