Sono un ladro e per quanto ne so, lo sarò per l’eternità.
No, il mio non è uno scherzo, piuttosto una storia di inaudita crudeltà. Ascoltate e poi giudicherete.
Di notte m’introduco nelle case, agisco velocemente, prendo soldi e gioielli e fuggo via. Era sempre filato tutto liscio fino alla fatidica notte in cui entrai di soppiatto in un’antica villa. Appese al muro c’erano sciabole, scudi e lance, pezzi di storia, stralci di vita. E poi strani alambicchi, tessuti pregiati e, stesa in bella vista su un tavolino in legno e avorio, luccicava la cosa più bella che i miei occhi avessero mai visto: un talismano d’oro! Ne fui ammaliato, lo presi e scappai. Lo nascosi nella mia casa, dentro il camino spento, sotto a un ciocco di legno scuro.
Un giorno, di punto in bianco, sentii un dolore lancinante alla schiena. Urlai a più non posso, in preda a un dolore insopportabile. Credevo d’essere vittima di allucinazioni perché mi apparve il fantasma di un antico guerriero del deserto. Il volto scuro, bruciato dal sole, segnato dalle intemperie e da mille battaglie era trasfigurato e risplendeva arcigno, avvolto in lunghi abiti bianchi.
Era intento a bruciare il mio corpo con un tizzone ardente!
Gli chiesi pietà gli dissi che avrei rimediato alla mia colpa ma non volle saperne. La sua voce roca mi risuona ancora nelle orecchie.
Mi rispose che rubando il talismano avevo profanato la sua anima, la sua essenza, il suo sonno eterno, perciò la sua vendetta non avrebbe avuto fine. Ho provato a togliermi la vita ma essa non mi abbandona. Sono destinato a vivere in eterno! Sono una larva, l’ombra di me stesso e trascino dentro queste mura la mia penosa esistenza.