Il Presto dell’Estate è perfetto per celebrare il mio ritorno. Vivaldi, con la sua potente e vibrante arte, è il vate che ho scelto dopo lunga ponderazione. Di tempo per riflettere ne ho avuto molto. A volte pensavo di impazzire, chiusa in quel luogo angusto e buio. E per non impazzire, sognavo.
Sognavo il mio violino. Le mie dita, leggere, premere sulle corde; muovere l’archetto con la severa e appassionata maestria di chi ha fatto della musica la sua dea e la onora con un’esecuzione perfetta.
Sognavo le note. Le vedevo danzare in vortici davanti ai miei occhi ciechi. Le cantavo con gola muta e riarsa. Il mio cuore svuotato scandiva il tempo con spasmi mostruosi.
Sono tornata e finalmente non devo più sognare. Suono.
Il terzo movimento dell’Estate è il più adatto per questo momento, con le sue scale discendenti che si abbattono sul mondo come fulmini.
Anch’io ho attraversato una tempesta. Ho sconfitto la morte. Sono tornata.
Sono cadavere, eppure sono.
Sognavo la musica e la vendetta. Vendetta su chi ha spezzato la mia esistenza.
E ora le sto celebrando entrambe.
Stringo l’archetto con bisogno disperato, con desiderio struggente. Lo affondo e lo ritraggo, e di nuovo lo affondo al ritmo di una musica che posso udire solo io. Una sinfonia liquida.
Ignoro l’oltraggio che le mie unghie sporche di terra rivolgono allo strumento per me sacro: hanno scavato con rabbia e forza inumana per farmi riaffacciare alla vita.
Affondo. Affondo.
E anche la sua lingua cade. L’ho fatto a pezzi, come lui ha fatto a pezzi la mia vita.