Il palloncino azzurro

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2013 - edizione 12

Enzo camminava per il viale alberato. Il vento autunnale staccava le foglie dai rami, che danzavano fino a terra e grattavano l'asfalto. Alzò il bavero della giacca e sistemò il berretto di lana. Incrociò la signora Baran: cappotto nocciola, un bastone da passeggio e il viso inciso dalle rughe. Si salutarono. Lei disse che minacciava pioggia e che andava a casa a prepararsi un brodo caldo.
Lui annuì e guardò il cielo: le nuvole sembravano inchiostrate.
Il suo sguardo si posò su un palloncino azzurro incastrato tra le fronde di un albero, che si staccò quando il vento si affievolì. Scese giù come cullato da un'entità invisibile e scoppiò sopra la testa della donna, sporcandole i capelli argentei. Cacciò un urlo, lasciò cadere il bastone e si rannicchiò a terra in preda agli spasmi. Tra urla disumane mutò in una creatura peciosa, con artigli ossuti, occhi rosso rubino e pupille da rettile. Sputò la dentiera e dalle gengive nacquero fauci acuminate. Enzo seguì la mutazione con gli occhi sgranati e la bocca spalancata.

La creatura saltò in piedi e lo attaccò. Con un’artigliata gli squarciò giacca e maglione e lo fece cadere a terra vicino al bastone. Quattro solchi rossi si palesarono sulla maglietta e crebbero fino a inzupparla di sangue. Enzo, ansimante, si tirò in ginocchio mentre la creatura ruggiva al cielo. Prese un respiro, brandì il bastone come una mazza da baseball e le si avventò contro. La colpì alla testa costringendola ad accasciarsi al suolo. La colpì ancora, e ancora, e ancora, fino a che il cranio non divenne una poltiglia sanguinolenta. Lasciò cadere il bastone e scoppiò a piangere.
Guardò il cielo: un nugolo di palloncini azzurri calava sulla città e scoppiettava come popcorn in padella.

Vito Pirrò