Il foglio e la creatura

Dalla Gazzetta del Meridione n. 5 pubblicata il 9 Febbraio 1991

 

“... qui di seguito potrete leggere un documento eccezionale e sconcertante, ritrovato in una cassapanca dell’antica villa coloniale del Barone Sciorra di Villalta.
E’ un singolo foglio di pergamena a cui non si è ancora deciso di dare una datazione certa. La cattiva conservazione del reperto ha fatto sì che alcune parti siano purtroppo illeggibili ma il senso del discorso non ne esce comunque stravolto.
Nessuno ne conosceva l’esistenza e nessuno sa chi possa esserne l’autore, neanche lo stesso Barone che si è detto sbalordito, confuso ed interdetto da tutta la situazione”.

 

[omissis]

 

Ho trovato questo foglio. Deve essere caduto a terra durante la colluttazione. Mi sono accorto solo adesso che si trovava accanto a me. Scrivo perché non so cosa fare.

 

Non ho più le gambe e il braccio sinistro, quel mostro schifoso me li ha divorati. Non scorderò mai la sua bocca infuocata, così rovente da cauterizzarmi istantaneamente i moncherini e da non lasciarmi nemmeno la possibilità di morire dissanguato. Lo shock penso sia passato e anche il panico iniziale. L’adrenalina in corpo mi tiene sveglio.

[omissis]

 

Me lo sono ritrovato in casa, ho lottato ma è stato inutile.

 

[omissis]

 

Sono passate molte ore, lo so perché dal posto in cui mi trovo riesco a vedere l’orologio appeso alla parete della cucina. Sono stretto in un angolo del mio soggiorno. Lui è immobile qui davanti a me. Si è fermato all’improvviso, tutto d’un colpo. Ansima lievemente e mi fissa. E’ molto alto, poco oltre i due metri direi. Indossa un camice da ospedale, sembra una di quelle casacche che ti fanno mettere prima di un intervento chirurgico. La sua pelle è giallo-grigiastra, è scalzo. Però la cosa più orribile da guardare e osservare è il suo volto. Ha un collo anormalmente lungo su cui è poggiata una testa molto piccola, in proporzione, a forma di uovo. I suoi occhi sono grandi, giallognoli e privi di iride. Non possiede orecchie ma due profondi buchi che immagino svolgano la funzione uditiva. Sul suo viso non esistono labbra, al loro posto c’è un taglio orizzontale che lui riesce ad aprire a dismisura avendo così modo di mostrare le enormi fauci dentro cui spiccano due file di affilatissimi canini luccicanti. Ho tentato di allontanarmi ma al mio minimo spostamento questa dannata creatura emette un grido acutissimo che mi sfonda i timpani. Devo stare fermo qui con lui.
Comunque, almeno, mi permettere di scrivere. Non ha accennato ad alcuna obiezione... fino a ora.

 

[omissis]

 

Ho appena assistito a uno spettacolo a dir poco truculento: Baffo, il gatto persiano di mia figlia Camilla, era entrato in questa stanza. Il mostro l’ha visto e, senza pensarci troppo su, ha allungato la mano e l’ha agguantato. Se lo è portato di fronte a quella immonda faccia. Il felino non si è opposto più di tanto. Lo ha analizzato per bene, girandolo e rigirandoselo fra le mani, dopodiché dalla bocca ha tirato fuori una lunghissima lingua snodata e serpeggiante che mi ha dato l’impressione che vivesse di vita propria. Con un colpo secco della suddetta appendice maligna ha staccato la testa al povero animale quindi si è attaccato immediatamente e avidamente alla fonte di sangue. Ha bevuto, ha succhiato, ha trangugiato tutto quello che poteva offrire quella piccola carogna. Nel farlo ha anche prodotto dei suoni disgustosi e rivoltanti. Ha lasciato solo le ossa e la pelliccia che ha lanciato via come fossero stati l’incarto di un’appetitosa merendina. Mi convinco sempre di più che per me sia davvero finita.

 

[omissis]

 

Poco fa il mostro ha tentato di comunicare con me. La sua voce è strana. Parla una lingua incomprensibile che non ho mai sentito prima. Ha provato a dirmi qualcosa, mi ha dato l’impressione che volesse porgermi una domanda. Io, naturalmente, non ho capito nulla. Ho provato a interpretare le sue parole ma niente da fare. Mi è sembrato che ripetesse sempre la stessa cosa. Resosi conto di non ottenere ciò che voleva ha cominciato a farmi dei segni con le dita. Ha alzato il medio e l’anulare della mano destra e ha formato una specie di “c” con l’indice e il pollice della sinistra. Fatto questo me li ha mostrati emettendo contemporaneamente un suono del tipo: “Cià... cià” per due volte. La mia incapacità a recepire il messaggio l’ha fatto molto adirare. Ha preso una sedia, l’ha spaccata in più parti e mi ha tirato i pezzi contro. Adesso ha ripreso la sua posizione originaria. E’ ormai una mezzoretta che è tornato ad essere immobile. Pare che si sia arreso a cercare un contatto con me. Mi domando perché la paura non mi abbia ancora ucciso.

 

[omissis]

 

Sta sbavando. Non è un buon segno. L’ultima volta che l’ha fatto mi sono ritrovato le mie gambe fra i suoi denti.

 

[omissis]

 

Si è avvicinato di due passi. Mi sta per attaccare, lo sento. Proverò il tutto per tutto. Fra i pezzi di legno che mi ha scagliato addosso ne ho trovato uno abbastanza acuminato. Lo terrò in mano e appena mi si butterà sopra glielo pianterò nell’occhio con tutte le forze che mi rimangono, sperando di arrivare fino alle cervella. E’ un azzardo ma che altro mi rimane da fare?

 

Laura amore mio e Camilla piccola mia... vi amo.

 

Il mostro ha iniziato a ringhiare e a grugnire.

 

Smetto di scrivere.

Domenico Maiolo