E' cominciato cinque mesi fa.
Me lo ricordo bene, era Ferragosto e c'era il sole. I fortunati che in quel momento si trovavano in zone d'ombra o al buio di una stanza hanno avuto il tempo di capire. Qualcuno è ancora vivo; altri no.
Da allora si sta rintanati in casa, nessuno ha più lampadine appese al soffitto. Urtare per sbaglio l'interruttore della luce equivale a morire. Alcuni hanno persino paura ad accendersi una sigaretta. Per via della fiamma. Ma non c'è pericolo: se l'ombra si indovina appena, è innocua.
E infatti i giorni di temporale sono diventati più attesi del proprio compleanno. La gente esce in strada anche di giorno, si stringono mani, si mollano pacche di solidarietà. Qualcuno addirittura sorride.
Ma si continua a scrutare il cielo.
E l'asfalto.
Abbiamo imparato a tenere sotto osservazione il vento. Quando soffia forte scoprendo il sole dietro le nuvole... lì basta un attimo. Allora meglio rimanere chiusi in casa, al buio quasi completo di una stanza, la luminosità della TV settata al minimo. Toni scuri per evitare la morte.
L'avvocato del terzo piano ha provato a sfidarla, l'ombra. “Appuntamento importante”, diceva. Poi il vento si è alzato e il sole si è fatto vedere. Ho sentito dire che ha cercato riparo dietro una siepe, zitto e immobile e in preda al panico per ore. Credo sia stato fottuto al tramonto, quando i raggi colpiscono di taglio e le ombre si allungano. L'hanno ritrovato la notte, la lingua di fuori e gli occhi rigirati all'insù. Segni violacei sulla carne grassa.
Da quel poco che sono riusciti a vedere nell'oscurità, dicono sia stato strangolato.
Io ci credo. E so per certo che le impronte sul collo sono le sue. Da cinque mesi è così.
A una ventina di giorni da quel dannato ferragosto, Gigino il taglialegna ha deciso che no, non era possibile. Così, all'improvviso. Lui era vecchio stampo, tutto cose concrete e tangibili.
Come se il tanfo di morte che aleggia ancora nei vicoli non fosse reale.
Come se i cadaveri che continuiamo a seppellire di notte non puzzassero.
Fatto sta che è andato per boschi all'alba; si è aspettato il suo ritorno. L'abbiamo rivisto in decomposizione al primo temporale di settembre.
Fatto a pezzi.
Gli esami sull'accetta non hanno evidenziato altre impronte significative oltre alle sue.
E' stata lei. L'ombra.
Un Gigino scuro, proiettato a terra, il pancione e l'accetta in mano.
L'accetta e il pancione.
Pezzi di carne decomposta tra il sottobosco.
Le impronte sul manico. Le sue.
Le torce a batterie sono diventate più temute dei fucili. I criminali ci vanno a nozze: ti aspettano all'angolo la notte, sotto lampioni che non vengono più accesi, te le puntano addosso come armi. Consegni tutto. Perché basta un click e la tua ombra ti si butta addosso, ti agguanta. Morde o strangola, spezza le ossa. Non lo so più neanch'io, le voci sono tante e la situazione sta precipitando.
Io ho scelto di resistere fino a domenica; poi, katana alla mano, accenderò il faro 300w montato in salone.
E che vada come deve andare.