Pioveva a dirotto quando vidi il Maestro con questi miei occhi. Era vestito
di un lungo soprabito nero, il quale lasciava intravedere una camicia ormai
ingrigita. I pantaloni di velluto grezzo terminavano lungo un paio di scarpe
a punta, mentre sul capo portava uno di quei cappelli che andavano molto nei
primi anni del ‘900. Quando mi accorsi di Lui fece un piccolo cenno con la
testa e, muovendo lievemente il bastone che teneva con la mano sinistra, mi
invitò ad inginocchiarmi. Ero ammaliato da quella figura, incantato: i suoi
occhi neri mi catturavano e mi mostravano un profondo mondo, infinito e
potente. I suoi denti erano ingialliti e comodavano dentro un sorriso
macabro, un sorriso di sfida verso tutto il mondo.
“Hai delle interessanti qualità”, mi disse; “Voglio che tu svolga dei
compiti per conto mio.
Ti insegnerò l’arte dell’inganno, ti mostrerò come
scatenare tempeste e gettare il male sui raccolti. Tu mi pregherai ed ogni
giovedì andrai con i tuoi fratelli e le tue sorelle nel bosco, dove io mi
farò trovare per darvi nuove istruzioni e nuovi insegnamenti.”
“Perché io?”, risposi. Il Maestro replicò: “Non credere di essere migliore
di altri. Ti accorgerai di quanti miei figli esistono. Ve ne sono nascosti
in ogni grossa città, in ogni paese come in ogni porto di mare. Taluni
lavorano per me, altri per le mie Sorelle. Allora? Ci stai?”.
Ero stupefatto, ma deciso a seguirLo. “Certo che ci sto” dissi, “ma dove sta
l’inghippo? Quale sarà il prezzo da pagare per essere tuo discepolo?”.
Egli sorrise e si voltò per andarsene, svanendo lentamente nella notte; poi,
d’un tratto si girò e mi guardò: “In cambio otterrò delle anime. Le anime
immortali di tutti coloro ai cui farai leggere questa storia”.