«Lei crede in Dio?»
L’uomo dall’altra parte del tavolo fermò il bicchiere di vino a mezz’aria.
Lo riappoggiò delicatamente al tavolo.
«Da dove le viene questa curiosità?»
«Dalla catenina che porta al collo e che le scompare sotto i vestiti. Come
ciondolo ha un crocifisso, vero?»
I due si fissarono. Gli occhi di entrambi lampeggiavano.
«Vuole controllare da lei, Conte?»
«No, la ringrazio. Non credo sia necessario»
Il Conte si alzò da capotavola e si avvicinò guardingo al suo ospite. Il
mantello porpora strisciava sulle pietre secolari del pavimento.
«Ha quindi trovato le informazioni che cercava per la sua ricerca?»
Anche l’ospite si alzò da tavola, pulendosi educatamente la bocca con un
tovagliolo di pizzo.
«La sua ospitalità mi è stata di grande aiuto. Devo solo controllare
un’ultima cosa»
Con un movimento repentino estrasse la catenina da sotto la camicia e la
tese in direzione del Conte: era davvero un crocifisso. Il padrone di casa
indietreggiò di qualche passo, sorpreso. Spalancò gli occhi e aprì la bocca,
lanciando un urlo lancinante mentre cadeva a terra; i lunghi canini
brillavano di saliva.
«Lo sapevo!», urlò l’ospite, mentre buttava a terra una sedia; corse più
veloce del vento, uscendo nella fredda notte mitteleuropea. Il nitrito del
suo cavallo si affievolì quando passò il ponte che attraversava il fiume.
Il Conte si rialzò da terra e si pulì il mantello dalla polvere. Da dietro
un’imposta comparve un uomo basso, con un accenno di gobba: aveva un’età
indecifrabile.
«Penso abbia funzionato, Maestro», disse.
«Siamo stati molto astuti. Dici che la gente ci crederà?»
«Di questi tempi, una diceria vale più di cento verità»
Il Conte sorrise, mentre finiva il vino non bevuto dal suo ospite.
«Speriamo scriva il suo romanzo il prima possibile. Come hai detto che si
chiama?»
«Stoker, Maestro. Abraham Stoker»